“Quello yacht da 700 milioni è di Putin”, il giallo del super panfilo ormeggiato in Italia

Quello yacht, lo Scheherazade ormeggiato a Marina di Carrara, dal valore di 700 milioni di dollari, “è di Vladimir Putin”. La rivelazione è arrivata da Marina Pevchikh e Georgi Alburov, due stretti collaboratori – entrambi da tempo rifugiati in Lituania – di Alexey Navalny, il principale dissidente russo, oppositore del Presidente, al momento in carcere e proprio oggi giudicato colpevole di nuove accuse per appropriazione indebita. Gli atti di proprietà del panfilo non ci sono. L’inchiesta rappresenta forse un passo avanti nel giallo ma ancora non un’ufficialità.

Navalny, intanto, è stato condannato a nove anni di carcere dal tribunale Lefortovo di Mosca, che lo ha riconosciuto colpevole di “frode su larga scala”. L’udienza di stamattina si è tenuta nel carcere di Pokrov, poco lontano da Mosca, dove Navalny è stato incarcerato da circa un anno dopo l’avvelenamento nell’estate del 2020 in Siberia. Aveva rischiato la vita in quell’occasione. Solo un atterraggio di emergenza dell’aereo sul quale viaggiava impedì la morte. L’avvocato russo era stato curato poi in Germania. Una volta ristabilito, oppositore aveva deciso di tornare in Russia. Era stato subito arrestato per violazione della condizionale. In Russia si scatenarono proteste. Dal carcere Navalny continua a lanciare messaggi e appelli ai russi, in questi giorni contro la guerra in Ucraina.

La sua rete di associazioni è stata definita lo scorso luglio un’organizzazione estremista e quindi bandita. Non si ferma comunque, continua a lavorare. E infatti i due collaboratori di Navalny hanno pubblicato su Youtube un video in cui mettono in fila una serie di indizi sullo yacht ormeggiato in Italia che porterebbero a Putin. Come i dodici russi che lavorano sull’imbarcazione, tutti dipendenti dell’FSO, il servizio di protezione federale. Anche l’ufficiale capo Serghei Grishin e l’addetto alla sicurezza Vitaly Balenko nell’equipaggio. L’inchiesta cita anche un marinaio dello yacht che ha confermato che il proprietario sarebbe Putin.

Il New York Times nei giorni scorsi aveva scritto dell’apertura di un’inchiesta della Guardia di Finanza. Il Gazzettino invece aveva riportato che lo yacht appartiene a Eduard Khudaynatov, ex primo vicepresidente di Rosneft e non incluso nella lista nera degli oligarchi stilata dall’Occidente. La società di nautica di lusso The Italian Sea Group in una nota aveva spiegato come “in funzione della documentazione di cui dispone e a seguito di quanto emerso dai controlli effettuati dalle autorità competenti, dichiara che lo yacht di 140 metri Scheherazade, attualmente in cantiere per attività di manutenzione, non è riconducibile alla proprietà del Presidente russo Vladimir Putin”. La società aveva anche rivelato di dover ancora “incassare 6 milioni di euro relativi al saldo consegna nave, prevista nei primi mesi del 2023″.

Lo yacht vale 700 milioni di dollari, è lungo 140 metri e pesa 10.167 tonnellate. Risulta intestato alla compagnia Bielot Asset Ltd. Due le piattaforme di atterraggio per elicotteri. Si trova in un cantiere per manutenzione. A collegare lo Scheherazade a Putin sarebbe anche Sochi: durante la pandemia da covid il Presidente ha trascorso molto tempo nella città sul mar Nero, dove il panfilo è stato ormeggiato nelle estati del 2020 e 2021. Il capitano dello Scheherazade Guy Bennett-Pearce aveva negato che il panfilo fosse di Putin ma senza indicarne il proprietario. Le autorità italiane da tempo hanno raccolto documenti sulla proprietà dello yacht con l’intenzione di passarle al governo per le valutazioni relative alle eventuali sanzioni.