Ratzinger e l’istituzione del Papa emerito, una riforma sul tavolo di Bergoglio

Il conclave che ha eletto Francesco il 13 marzo 2013 è stato del tutto particolare: in epoca contemporanea l’elezione del nuovo vescovo di Roma ha luogo pochi giorni dopo la sepoltura del predecessore – in termini psicologici, una specie di uccisione del padre. Ma questo non poteva accadere nel 2013, dopo le dimissioni di Benedetto XVI. Nel corso di questa prolungata e simbolicamente non ancora conclusa transizione tra Benedetto e Francesco, ci sono stati pochi incidenti, due però di rilievo. Il primo è stata la pubblicazione nell’aprile 2019 di un articolo, firmato da Benedetto XVI, che “spiegava” la crisi degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica respingendo tutto ciò che la scienza ci dice circa la genesi degli abusi, concentrandosi invece su una narrazione socio-politica che accusa gli sconvolgimenti culturali e la rivoluzione sessuale degli anni sessanta.

Il secondo incidente -recentissimo – è stato il progetto di un libro (tradotto in varie lingue) sul celibato del clero scritto insieme al cardinale di Curia Robert Sarah: un progetto sulla cui genesi non c’è ancora chiarezza, ma che era chiaramente il tentativo di interferire con il processo in corso nella chiesa dopo il Sinodo per l’Amazzonia dell’ottobre scorso. Il problema non è il libro, ma l’istituzione del “vescovo emerito di Roma” (termine più corretto di “Papa emerito”). Fare il Papa è un mestiere solitario, ma il Papa non è quasi mai solo.

Ciò è ancora più vero per l’emerito, la cui età e salute richiedono un’attenzione quasi costante. Joseph Ratzinger è circondato da un entourage che si prende cura di lui, ma si è anche preso molta cura – nei mesi precedenti l’annuncio delle dimissioni nel febbraio 2013 – di proteggere il proprio status in Vaticano. L’inseparabilità dell’emerito dal suo entourage ha creato una situazione difficilmente gestibile.

Anche perché il rischio della percezione di una diarchia papale non si può risolvere in punto di diritto. Il problema di questa nuova istituzione dell’emerito è che il potere associato alla leadership nella religione contemporanea, non esclusa la chiesa cattolica e il ministero di vescovo di Roma, non è più esclusivamente un potere religioso legalmente codificato, ma è un potere carismatico che si avvale di simboli e dello strumento dei media. Ecco perché questo tipo di interventi pubblici dell’emerito costituisce una forma illegittima di pressione sull’unico Papa che è Francesco. Indipendentemente dalle reali intenzioni di Joseph Ratzinger, l’emerito è diventato da tempo parte di una narrazione in cui i tradizionalisti (non i conservatori, perché i conservatori avrebbero più rispetto per l’ufficio papale) vogliono difendere una cattiva teologia del celibato clericale anche a costo di indebolire l’unità del Chiesa.

Agli occhi di quei pochi cattolici che fin dall’inizio non hanno accettato il pontificato di Francesco, quello dell’emerito è diventato un magistero parallelo che viene diffuso per via mediatica e social media. Questo costituisce, a lungo termine, un enigma per storici e teologi, che dovranno capire quando il pontificato di Benedetto è finito effettivamente – pur essendosi concluso canonicamente il 28 febbraio 2013 alle 20 ora di Roma. Ma questi incidenti vanno oltre le mura vaticane e i confini invisibili della virtualizzazione del cattolicesimo nei media e nei social media, e ha conseguenze pratiche. Il simbolismo dell’emerito che si ritirava in un monastero in Vaticano non ha mai significato molto per quei cattolici per i quali Benedetto XVI non si è mai ritirato veramente.

Questa dell’istituzione dell’emerito è chiaramente una riforma sul tavolo di Papa Francesco, ma è qualcosa che sarà possibile affrontare soltanto quando legiferare non darà l’impressione di limitare un “emerito” vivente. Durante gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II alcune decisioni importanti (specialmente nomine di vescovi) furono prese e annunciate in una situazione in cui il morente Karol Wojtyla era incapace di esercitare il suo ministero. Oggi presumiamo che l’emerito Joseph Ratzinger sia ancora in grado di prendere decisioni sul modo in cui viene usato il suo nome. Ma è difficile saperlo con certezza. Non solo non esiste ancora una legge della Chiesa relativa alla situazione creata da un Papa incapacitato per malattia. C’è da chiedersi se la chiesa cattolica non abbia bisogno anche di una legge sulla situazione creata da un “emerito” incapacitato. Benedetto XVI si dimise nel 2013 scegliendo un percorso diverso da quello di Giovanni Paolo II. Ma si potrebbe dire con Mark Twain: la storia non si ripete, ma fa rima.