Studiare la storia passata è sempre un esercizio utile per comprendere il presente e per prevedere ed organizzare il futuro. Ma, certe volte, anche le favole possono aiutare. Ad esempio, la fiaba di “I vestiti nuovi dell’imperatore”, pubblicata nel 1837 da Hans Christian Andersen, presenta imbarazzanti analogie con quello che stiamo vivendo quasi due secoli dopo.

Il vertice di Washington tra i leader mondiali sull’Ucraina non è stato altro che l’ennesimo atto di una farsa che sfiora l’assurdo, se non fosse per la tragedia che la guerra fra russi e ucraini sta infliggendo a entrambe le popolazioni. La riunione del 19 agosto, non è stata certo una nuova Yalta, ma una messinscena che ha avuto come obiettivo unico quello di blandire l’incompetenza di Donald Trump, sempre più preso in giro dalle potenze mondiali. Sembra che solo Romano Prodi, nel suo editoriale pubblicato giovedì scorso sul Messaggero, abbia notato che non si è trattato, nemmeno fisicamente, di una tavola rotonda fra leaders, dove i partecipanti potevano avere, “anche plasticamente, la stessa autorità”. Ma le telecamere di tutto il mondo hanno inquadrato Trump, “solitario e incombente” intronato dietro all’imponente Resolute Desk al centro dello Studio Ovale, mentre tutta la compagnia europea, da Von der Leyen a Zelensky, era raccolta su seggiole schierate in fila davanti all’imperatore “nella postura di scolaretti”. Ciascuno impegnato a tessere per Trump le lodi più sperticate. Ciascuna di queste puntualmente registrata e pubblicata sul sito della Casa Bianca sotto l’eloquente titolo: “La Leadership Americana E’ Tornata Sotto Il Presidente Trump”.

In questi giorni, assistiamo a una serie di incontri, tra Alaska, Washington e, a breve, Budapest o Ginevra, che non hanno prodotto e, temo, non produrranno nulla di concreto. La ragione è semplice: Vladimir Putin non ha alcuna intenzione di fermare la sua Operazione Militare Speciale. Il suo obiettivo rimane quello di guadagnare tempo e indebolire l’Occidente, a partire proprio dagli Stati Uniti. Ecco perché gli europei e Zelensky stanno cercando di ottenere l’approvazione di Trump, illudendolo con lusinghe e cortesie. Ma, nonostante i gesti e le parole apparentemente rassicuranti, la realtà è ben diversa.

Un gioco di bluff che coinvolge solo Trump

In questo scenario, Putin sa che può vincere rapidamente se gli Stati Uniti abbandonano l’Ucraina, lasciando Zelensky a fronteggiare la Russia con le sole armi (e soprattutto l’intelligence) europea. Putin, al contrario di Trump, non cambia parere assecondando l’ultimo in ordine di tempo che lo ha lusingato e non cede mai di un millimetro: non rinuncia a chiedere la formalizzazione dei territori che la Russia ha “liberato”, e dove, peraltro, risiedono per la maggior parte persone che non solo sono russofone, ma che non si sono mai sentite parte dell’Ucraina. Nonostante tutto, il Cremlino si presta al gioco della finta diplomazia, ma la sostanza rimane invariata: la guerra continua e i bombardamenti sui civili non cessano.

I leader europei, dal canto loro, cercano di manipolare la situazione, continuando a mostrarsi come interlocutori della Casa Bianca. Nonostante dietro le quinte, con molta probabilità, usano fra di loro toni molto diversi. Sono ben consapevoli che senza l’appoggio USA non possono combattere contro la Russia da soli, usando gli ucraini come carne da cannone. L’ipocrisia è evidente: mentre ringraziano Trump per la sua posizione “di leadership”, continuano a spingere per una linea di resistenza a Putin che, alla fine, è sostenuta principalmente dalla potenza militare americana. Anche Zelensky ha imparato a gestire i rapporti con Trump: ha compreso che, per trattare con il Re degli Stati Uniti, non basta dire la verità, ma è necessario nutrire il suo ego. Ogni discorso deve cominciare con una lode enfatica, per poi ribadire che la pace si raggiunge solo con la sconfitta di Putin – una posizione sulla quale Trump continua a mantenersi sul vago.

‘’La farsa che non finirà mai: il cerino acceso in mano a Trump

Cosa ci raccontano questi vertici? Che la guerra, purtroppo, continuerà. Putin non ha alcuna intenzione di fermarsi, e Trump non sembra essere in grado di capire il gioco che il Cremlino sta giocando. La tragedia – che ora si sta marxianamente trasformando in una farsa – è evidente: gli europei e Zelensky cercano di far credere a Trump che si possa raggiungere la pace attraverso i colloqui, mentre il presidente russo, con l’assenso tacito di Trump, rimanda continuamente ogni possibile soluzione, guadagnando tempo per raggiungere i suoi obiettivi senza mai rischiare una vera negoziazione.

A margine di tutto ciò, l’ipocrisia delle dichiarazioni rilasciate a Washington è cristallina: Zelensky, pur dichiarandosi pronto a trattare con Putin, sa bene che l’unico scambio possibile con il Cremlino è quello che implica la perdita definitiva dell’indipendenza ucraina. La domanda che rimane è se, un giorno, Trump si accorgerà della pagliacciata globale che gli è stata messa in scena, o se continuerà a farsi prendere in giro dai russi, dagli ucraini e dagli europei, mentre il mondo intero paga il prezzo di una guerra che continua a mietere vittime innocenti.
Il vertice di Washington, di fatto, ha confermato una verità scomoda: nonostante le promesse di pace, nulla cambierà. Putin non si ferma e Trump, incapace di affrontare la realtà, continua a giocare il suo ruolo in questa commedia geopolitica, alimentando l’illusione di una pace che non arriverà mai. La politica mondiale ha bisogno di più serietà, non di sceneggiate destinate a fallire, mentre i cittadini ucraini, russi o indecisi, continuano a soffrire in un conflitto che sembra essersi trasformato nella Guerra dei Cento Anni.

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Chimico industriale, Chimico teorico, Giornalista, Comunicatore scientifico con una grande passione per la storia e per la ricerca in campo energetico. Autore di 900 analisi, saggi, articoli di divulgazione e di circa 100 articoli scientifici, brevetti, conferenze, contributi a congressi, 2 libri.