Reato di stupro: niente violenza o minaccia, ora si cerca il “consenso esplicito”. Il paradosso della riforma e il caso degli abusi soft

Si discute molto in questi giorni sulla modifica alla norma sulla violenza sessuale che introduce il requisito del consenso “libero ed attuale”, recependo un orientamento della giurisprudenza chiamato, per brevità, del “consenso affermativo”. La violenza sessuale si realizza, secondo questo orientamento, non quando l’atto sessuale è compiuto con violenza o minaccia e quindi nonostante il dissenso, ma quando manca il consenso che in alcuni casi si pretende essere esplicito.

Secondo molti commentatori questa formulazione del reato di violenza sessuale, di fatto, dell’onere della prova. L’accusato non è più presumed innocent” ma presumed guilty”. La giurisprudenza in tema di attendibilità del testimone assume che: 1) il testimone sia idoneo a rendere valida testimonianza fino a prova contraria e 2) la narrazione del testimone sia vera fino a prova contraria (assunzione di veridicità). Dal punto di vista giuridico, le dichiarazioni del testimone godono di autosufficienza e non richiedono, di regola, riscontri esterni, potendo il Giudice valutare l’attendibilità delle stesse sulla base dei principi della attendibilità intrinseca (coerenza interna, numero di dettagli, plausibilità del racconto). Il modello cognitivo sotteso sembra essere ben rappresentato dalla metafora del “testimone-notaio di sé stesso”: se il testimone afferma di aver provato paura, questa emozione viene considerata una descrizione veritiera di quanto provato. È come se si desse per scontato che il testimone disponga di una sorta di GoPro in testa che registra ininterrottamente ciò che vede, consentendogli, al momento di testimoniare, di effettuare una precisa riproduzione verbale di quanto “filmato”.

Il concetto di attendibilità

Il resoconto testimoniale può essere corroborato da riscontri esterni, nel qual caso la valutazione viene fatta con i criteri della attendibilità estrinseca, oppure analizzando le caratteristiche della narrazione, nel qual caso si parla di attendibilità intrinseca (es. coerenza interna, numero di dettagli, costanza nel tempo etc.). La giurisprudenza non fa distinzione sul piano probatorio fra attendibilità intrinseca ed estrinseca come se la probabilità di una ricostruzione accurata del fatto fosse uguale in tutti e due i casi. Ad esempio, in una sentenza relativa a un caso di abuso sessuale si afferma: «Il ricordo della vittima, anche se espresso a distanza di anni, conserva intrinseca credibilità se coerente e privo di contraddizioni». Questo tipo di criterio decisionale assume che: 1) il passare del tempo non abbia effetto sulla accuratezza del ricordo e 2) si possa desumere l’accuratezza del ricordo dalla assenza di contraddizioni. Siamo quindi di fronte ad una giurisprudenza particolarmente ottimista circa le effettive capacità del testimone.

Il concetto di accuratezza

A fronte di questa visione “ottimista”, gli ultimi 120 anni di ricerca scientifica sulla memoria umana hanno delineato una realtà molto più articolata. Da una parte si conferma che in condizioni “ideali” il ricordo autobiografico del testimone è molto accurato, ma dall’altra si segnala come esistano numerosissime condizioni che riducono l’accuratezza del ricordo. La conoscenza di queste condizioni dovrebbe, in teoria, facilitare la valutazione ponderata della effettiva accuratezza delle dichiarazioni del testimone. Dal punto di vista scientifico l’accuratezza desunta dalla struttura della narrazione del testimone (quella che viene chiamata l’attendibilità intrinseca) è una forma decisamente più debole di attendibilità rispetto ad un ricordo validato mediante riscontri oggettivi esterni (attendibilità estrinseca).

Le visioni del testimone

I processi per violenza sessuale sono il territorio nel quale si confrontano queste due visioni del testimone, la visione convenzionalista del testimone-notaio che certifica la veridicità di quanto da lui percepito e la visione scientificamente fondata che vorrebbe sottoporre il narrato del teste ad un vaglio nel quale sono messi in evidenza i fattori di alta qualità e di bassa qualità delle dichiarazione. La valutazione globale della attendibilità dovrebbe, secondo questo approccio scientifico, essere il risultato di un bilanciamento di tutti i fattori in gioco.

Le violenze soft

La particolarità dei processi per violenza sessuale rispetto al tema sopra introdotto deriva dal fatto che la gran parte di essi non riguarda violenze sessuali “hard” (come ad esempio quello rappresentato nel titolo di una notizia di questi giorni: “stuprata davanti al fidanzato. Aggrediti nel buio, erano in cinque”), ma “soft” (es. un bacio rubato, un palpeggiamento, un particolare sguardo interpretato come interesse. etc.) senza violenza o minaccia. Gli abusi sessuali “soft”, sotto il profilo scientifico, hanno una caratteristica molto importante in quanto sono terreno fertile per l’instaurarsi di ricordi distorti: essendo eventi confondibili. Gli eventi confondibili hanno un alto grado di sovrapposizione con eventi simili, ma privi di interesse penale. Gli abusi sessuali “soft” differiscono per minuzie rispetto al fatto simile penalmente irrilevante. Gli studi scientifici hanno messo in evidenza un elevato numero di potenziali fonti di distorsione del ricordo della violenza sessuale “soft”. Oltre alla confondibilità del fatto (che di per sé stessa è fonte d’errore) vi è la dissonanza cognitiva, cioè la propensione del testimone a ricordare selettivamente le parti dell’evento che non confliggono con l’immagine di sé stesso. Ad esempio, una suora che ha bestemmiato nel ricordare il fatto tende ad omettere la bestemmia in quanto essa incrina l’immagine di sé stessa come suora.

Cosa prendere in considerazione

In breve, i reati sessuali sono forse i reati nella valutazione dei quali c’è la maggiore distanza fra il modello giuridico convenzionalista e astratto del “testimone notaio” e il testimone reale studiato dalle scienze cognitive. Questi processi sono quindi i processi che più di altri potrebbero beneficiare dell’utilizzazione di questi dati scientifici al fine di ottenere un giudizio maggiormente ancorato alla realtà del funzionamento della memoria umana piuttosto che basato su convenzioni giuridiche astratte.