Referendum giustizia, parte la raccolta firme del No per farlo slittare. E Di Pietro lancia l’allarme brogli sul voto all’estero

È conflitto sulla data del referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati. Si voterà in due giorni, domenica e lunedì, e con ogni probabilità la data del voto sarà individuata durante il Consiglio dei ministri del 29 dicembre. Ma c’è stata una novità nelle ultime ore.

Nel fine settimana, 15 cittadini hanno depositato in Cassazione un nuovo quesito referendario per il quale ora sarà avviata una raccolta firme; ne servono 500mila. Questo nonostante il referendum sia già stato ammesso dalla Cassazione con ordinanza del 18 novembre scorso. “Siamo consapevoli”, hanno affermato ieri in una nota i 15 volenterosi, “che il referendum è stato già dichiarato ammissibile ma, poiché la Costituzione lo consente, abbiamo ritenuto di promuovere un’ulteriore richiesta di iniziativa popolare, per sollecitare la partecipazione consapevole del più ampio numero di cittadini e per sviluppare con i tempi necessari la campagna referendaria”. Ora, hanno aggiunto, “l’obiettivo è quello di collaborare con tutti i Comitati per il No che si sono sinora formati”, che tradotto è una richiesta di aiuto per la raccolta firme. Un blitz che potrebbe scombinare i piani del governo: se inizialmente a Palazzo Chigi sembravano intenzionati a voler fissare la data del voto referendario a inizio marzo, ora potrebbero dover cambiare i loro programmi.

Sulla vicenda è intervenuto il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, che su X ha definito la mossa “una folle strategia ostruzionistica”. Si tratta, ha sottolineato, di “una raccolta firme finta” il cui vero obiettivo è quello di “far slittare la data di celebrazione del referendum, perché, a loro dire (dei promotori del nuovo quesito, ndr), a raccolta firme aperta, il governo non potrebbe indire la consultazione popolare fino al 30 gennaio. Ergo il referendum si celebrerebbe non prima di fine marzo”.

C’è poi il tema del voto degli italiani all’estero. Venerdì scorso l’ex Pm Antonio Di Pietro, durante un convegno promosso a Napoli dal Comitato Sì Separa della Fondazione Einaudi, ha denunciato il rischio di brogli al referendum. “Si stanno già costituendo organizzazioni, che hanno come riferimento specifici partiti politici e sindacati, per controllare il voto degli italiani all’estero”, ha detto. “Come già avvenuto in passato, queste raccolgono gli elenchi degli elettori, costruiscono e spediscono le lettere mettendoci il voto, spesso all’insaputa del diretto interessato. Mi riferisco ai cittadini iscritti all’Aire (l’Anagrafe degli italiani iscritti all’estero)”. Durante il suo intervento appassionato, Di Pietro, tra i fondatori del Comitato referendario Sì Separa, ha spiegato che mentre alle elezioni politiche questo voto può non essere decisivo, nell’ambito di un referendum confermativo, peraltro senza quorum, assume ben altra rilevanza.

“Parliamo di due milioni di voti che rischiano di determinare una falsificazione del risultato. Lo voglio denunciare oggi prima che sia troppo tardi”. Poi ha lanciato un appello al governo: “Invito il governo a fare una legge, di un solo articolo, che permetta agli elettori all’estero di votare di persona, alle ambasciate o ai consolati, con il proprio documento di identità. Una norma con la quale si applicano al referendum le stesse modalità di voto previste per le elezioni europee”.