Le Marche – la regione più contendibile tra centrodestra e centrosinistra – vanno al voto il 28 e 29 settembre. Ne parliamo con Marco Fioravanti, Classe 1983, sindaco di Ascoli Piceno dal 2019. Fioravanti è esponente di Fratelli d’Italia – come il presidente ricandidato, Francesco Acquaroli – ed è uno degli amministratori più apprezzati d’Italia: Il Sole 24 Ore che lo ha inserito al primo posto per gradimento tra i sindaci italiani.
Sindaco, c’è chi guarda alle prossime elezioni regionali nelle Marche come a un test politico nazionale. Condivide?
«Sì, penso che le regionali marchigiane abbiano rilevanza nazionale. Le Marche sono state un laboratorio politico per il centrodestra allargato, già con la scorsa vittoria di Francesco Acquaroli. La filiera istituzionale tra governo, regione e territori ha portato risultati concreti: ricostruzione post-sisma, infrastrutture come la Salaria e la Pedemontana, il rilancio dell’aeroporto e soprattutto la ZES, la Zona Economica Speciale. Le Marche sono la prima regione del Centro-Nord a beneficiarne: una prospettiva di sviluppo economico di portata nazionale».
Dunque un modello politico da replicare?
«In questi cinque anni abbiamo allargato la maggioranza anche a realtà civiche ed ex esponenti di centrosinistra. Un centrodestra del fare, non ideologico. Questo allargamento ha funzionato: è un modello amministrativo che, a partire dal buon governo, può avere valore anche fuori dalle Marche».
Lei stesso è considerato il “primo sindaco d’Italia” per gradimento. Quanto pesa questo consenso nella sfida regionale?
«Il consenso è sempre una responsabilità. Ho ottenuto il 73,9% alle ultime comunali e per Il Sole 24 Ore sono il sindaco più apprezzato in Italia. Non mi candido alle regionali perché resto fedele all’impegno con gli ascolani, ma il mio consenso aiuterà la coalizione. La gente riconosce l’umiltà e la concretezza di Acquaroli, capace di lavorare 24 ore al giorno sui fatti: aeroporto, porto, infrastrutture, turismo. I marchigiani apprezzano chi fa, non chi appare».
Entriamo ad Ascoli: uno dei progetti più significativi è la rigenerazione urbana. Di cosa si tratta?
«Ascoli è tra i primi comuni in Italia per fondi PNRR in proporzione agli abitanti. Stiamo recuperando il 94% del patrimonio comunale, trasformandolo in alloggi a basso costo per chi trasferisce qui la residenza. Combattiamo lo spopolamento incentivando le nascite: a ogni nuovo nato corrisponde la piantumazione di un albero e una lettera di benvenuto alle famiglie. Abbiamo acquistato Palazzo Saladini Pilastri: diventerà un giardino urbano e un albergo etico gestito da ragazzi con disabilità. Investiamo sul sociale perché il futuro si costruisce mettendo tutti allo stesso nastro di partenza».
La città ha un centro storico meraviglioso, ma resta fuori dai grandi circuiti turistici. Come invertire la tendenza?
«Abbiamo puntato sulla promozione verticale, su eventi e festival esclusivi: mostre, cultura, sport. Oltre 220 eventi l’anno. Non puntiamo al turismo di massa, ma alla qualità, perché l’arte e la cultura alzano il livello della città. Stanno nascendo nuovi hotel, boutique e resort, oltre a studentati e corsi universitari. E con Terna abbiamo inaugurato la prima innovation zone europea: qui giovani ingegneri e startupper potranno lavorare al progetto Adriatic Link. Così tratteniamo e attraiamo talenti».
Mens sana in corpore sano: Ascoli nel 2025 sarà città europea dello sport. Cosa significa per voi?
«È un’occasione straordinaria. Abbiamo ospitato una mostra sulle torce olimpiche, stiamo realizzando un parco della salute — il primo nelle Marche — progettato anche per ragazzi con disabilità. Stiamo costruendo un nuovo palazzetto, rifacendo il campo di atletica e realizzando un velodromo. Lo sport non è solo competizione: porta turismo, educa e rafforza la coesione sociale».
Decisamente ad Ascoli non vi annoiate mai…
«Ascoli è una città dinamica, tra le prime province in Italia per start up, ricca di eventi e innovazione. Ma mantiene un ritmo lento, a misura d’uomo, dove conta la qualità della vita più che il fatturato. Sappiamo tenere insieme memoria e futuro: la tradizione dei nostri nonni e la crescita che ci aspetta».
