“No, il dibattito no”, la versione autarchica del Pd. Elly Schlein sceglie Nanni Moretti come spirito guida e trasforma la Direzione in un one woman show, il suo spartito preferito. Quella che va in scena al terzo piano del Nazareno non è tanto l’agognata sessione del parlamentino dem (non convocata da sette mesi), quanto una rappresentazione sospesa, quasi metafisica: la platea sembra altrove, con la testa già proiettata alle urne marchigiane o alla conta post-elettorale.
Verso le elezioni
La maggioranza è preoccupata di tenere il punto, la minoranza di non restare con il cerino in mano. I riformisti (Quartapelle, De Luca jr, Valente) fanno atto di presenza, alcuni timbrano il cartellino in videocollegamento (Picierno, Guerini, Alfieri, Malpezzi). Una partecipazione formale, più per dovere che per convinzione. Schlein prende la scena e fa appello all’unità: “Vi chiedo il massimo sforzo per la campagna nelle Marche, possiamo spostare il voto degli indecisi”. Sulle polemiche recenti, un’alzata di spalle: “Non c’è da dividersi per le appartenenze pregresse. Ogni minuto speso in polemiche interne è un minuto perso per inchiodare il governo alle sue mancanze”. È una tregua fragile, più subita che costruita, in attesa di novembre, quando si voterà anche in Veneto, Puglia e Campania.
I commenti
La vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, spiega al Riformista: “Felice che in diversi abbiano espresso l’esigenza di una discussione che sarebbe stato saggio affrontare per tempo, non a pochi giorni dal voto”. Un’esortazione condivisa dalla deputata Lia Quartapelle: “Dopo le elezioni, troveremo il modo per una discussione seria su ciò che accade nel mondo e su come contrastare la destra”. In poche parole, il confronto interno è congelato. Poi sul palco arriva il “lupus in fabula”: Stefano Bonaccini. Non nasconde il dente avvelenato con la corrente che lo ha sfiduciato. “Ci sono due riformismi, uno da salotto e uno da popolo”. Una stilettata: io ho i voti, voi fate filosofia. Ma concorda anche lui: “Dopo le regionali dovremmo discutere”. Dall’ex governatore arriva una risposta, neanche troppo velata, a Paolo Gentiloni, che aveva avvertito: “Il centrosinistra non è pronto a vincere”. Bonaccini replica: “Unire tutti non basta, servono leadership e un programma. Ma con questa legge elettorale, l’unità diventa condizione necessaria”.
Regionali Marche, Ricci in svantaggio
Nel frattempo, sotto il Nazareno, i cronisti raccolgono impressioni in ordine sparso: Gualtieri, Speranza, Verini. Pochi parlano, e chi lo fa preferisce il realismo: “La cosa importante è che siamo competitivi in tutte le Regioni al voto”. Dio ce la mandi buona. Il vero convitato di pietra della riunione resta il voto imminente nelle Marche. È da luglio che Schlein agita la sfida come un simbolo. “Vinceremo 4-1”, aveva promesso. Ora però, da Ancona, arrivano segnali sempre più cupi: dal testa a testa annunciato si rischia di passare a un risultato più marcato per il centrodestra. Se Matteo Ricci dovesse cadere, la narrazione costruita nelle ultime settimane – quella di un campo largo in rimonta su Meloni – rischia di crollare. La fine del sogno, un po’ come successe l’anno scorso in Liguria. E se Ricci perdesse davvero? Si riaprirebbe il dossier più scivoloso di tutti: i rapporti con il Movimento 5 Stelle. Giuseppe Conte non si è mai fatto vedere con la collega nelle Marche, strategia più che casualità. Un’eventuale sconfitta dell’ex sindaco di Pesaro rafforzerebbe la posizione del leader pentastellato: “Quando sceglie Elly, si perde”.
Verso le primarie del PD
Intanto si guarda al prossimo scenario: le primarie di coalizione, forse già tra un anno. Altro fantasma che agita il Nazareno. In quest’ottica, Schlein ragiona su possibili ricomposizioni strategiche, come un rilancio della Fondazione Demo. Da Nicola Zingaretti (ora capo delegazione Pd in Europa) a Pier Luigi Bersani, padre nobile per antonomasia. Il tentativo è chiaro: tenere stretto l’elettorato ex Articolo 1, particolarmente sensibile alle sirene contiane. Tra i possibili sfidanti ai gazebo circolano altri nomi, in particolare dalla “tenda riformista”, Silvia Salis e Gaetano Manfredi. La segretaria dovrà farsi sentire con gli sponsor come Matteo Renzi, con una preghiera: “Non facciamoci del male”. Un equilibrio instabile tra sconfitte probabili, minoranza in soffitta e l’ombra del quasi amico di Via di Campo Marzio che si allunga. Come il pallanuotista Michele Apicella in Palombella rossa: “In testa ci stanno troppi pensieri. Però troppi pensieri fanno bene, perché bisogna pensare a tutto, prevedere tutto”.
