Strappo nella maggioranza che governa il Veneto. In Consiglio regionale la coalizione di centrodestra si è spaccata sul finanziamento agli Istituti per la storia della Resistenza: mentre Lega e Forza Italia votavano a favore insieme alle opposizioni, i consiglieri di Fratelli d’Italia abbandonavano l’aula rifiutandosi persino di partecipare alla discussione.
La legge, proposta dal leghista Marzio Favero, prevede 70mila euro l’anno per tre anni ai sette Istituti della Resistenza veneti. Un provvedimento apparentemente condiviso, limato da una trentina di emendamenti del Pd, che però ha fatto esplodere tensioni sotterranee nella coalizione.
Il commento dello stesso Favero non è affatto tenero verso gli alleati meloniani: «Il fatto che FdI non l’abbia votato è un problema serio: vuol dire che non si ritrova nei valori fondanti della democrazia». Durissima anche la capogruppo dem Vanessa Camani: «È grave l’assenza di FdI. Si tratta di una pesante e pericolosa presa di distanze dai valori costituzionali». La replica del capogruppo FdI Lucas Pavanetto vorrebbe esibire equilibrio, ma appare più equilibrismo e parla di «rispetto dei valori democratici» ma lamenta l’assenza di riferimenti alle foibe e all’esodo giuliano-dalmata, aggiungendo che sarebbe stato «incoerente votare con Avs, Pd e M5S».
La partita più complessa
Dietro questo scontro sui valori della Resistenza si può forse intravedere una partita più complessa. Con le regionali di novembre alle porte e la candidatura del leghista Alberto Stefani ormai data per certa, il Carroccio sembra voler marcare le differenze con l’alleato di governo. Una mossa per intercettare quell’elettorato moderato e liberale che per dieci anni ha sostenuto Luca Zaia e che ora, potrebbe astenersi o addirittura guardare al candidato di centrosinistra Manildo, che in coalizione avrà i partiti del “terzo polo”.
Zaia capolista
Non è un caso che proprio Zaia venga indicato, comunque come possibile capolista della Lega: il governatore uscente resta popolarissimo e rappresenta quella destra pragmatica e non ideologica che in Veneto ha sempre vinto. Mantenere in vita il suo “brand” sarebbe necessario, proprio ad evitare voti in fuga.
Sullo sfondo generale, c’è poi un tema di identità della stessa Lega, che in Veneto – erede della storica Liga Veneta – ha sempre rivendicato una sua autonomia locale e che non potrà più contare sul “territorio libero” della gloriosa Lista Zaia. Ritrovarsi tutti sotto il simbolo del partito nazionale, impone scelte di campo. Come quella che sembra avere ormai fatto il consigliere veronese Stefano Valdegamberi, zaiano che oggi batte il suo territorio con un tour, al fianco del generale Vannacci. Non tutti sarebbero così tranquillamente disposti a sposare simbolo e politica del Carroccio.
