La vittoria di Alberto Stefani con il 64,39% e il trionfo della Lega che doppia Fratelli d’Italia nelle percentuali hanno consegnato a Matteo Salvini la narrazione di un partito in ottima salute. Ma i numeri assoluti raccontano una storia diversa, che ridimensiona l’entusiasmo del segretario federale e mette in luce quanto la candidatura di Luca Zaia sia stata determinante per evitare il sorpasso meloniano.
Nel 2020, la somma tra Lista Zaia e Lega raggiunse 1.263.919 voti. Nel 2025, la Lega con Zaia capolista in tutte le province ne ha raccolti appena 607.220: una perdita secca di 656.699 voti, pari al 52% del consenso di cinque anni fa. Il governatore uscente, costretto a rinunciare alla sua lista personale e al proprio nome nel simbolo, ha portato al Carroccio oltre 200mila preferenze personali, ma non è riuscito a trattenere l’elettorato trasversale che nel 2020 lo aveva sostenuto ben oltre i confini del centrodestra tradizionale.
Dove sono finiti quei voti? In parte consistente nell’astensionismo: l’affluenza è crollata dal 61,1% al 44,6%, con oltre 16 punti di differenza. Ma una quota significativa si è redistribuita all’interno della coalizione. Fratelli d’Italia è passato da 196.310 a 312.839 voti, con un incremento del 59,3% in termini assoluti.
Forza Italia, pur rimanendo terza forza, ha guadagnato 32.131 voti (+43,8%), probabilmente intercettando una parte dell’elettorato moderato e “non politico” che nel 2020 aveva premiato Zaia per le sue qualità amministrative più che per appartenenza partitica. Gli azzurri rafforzano la posizione negoziale nella partita per le nomine in Giunta. Ma la doppia cifra è lontana e il risultato potrebbe non bastare a soddisfare le aspettative di assessorati di peso, come quello alla sanità “prenotato” da Flavio Tosi che potrebbe chiedere un risarcimento per il passo indietro compiuto sulla candidatura alla presidenza.
Insomma il calcolo parla chiaro: se dalla Lega 2025 sottraessimo l’effetto-Zaia, il Carroccio si ritroverebbe con un consenso strutturale ben inferiore a quello di Fratelli d’Italia. Salvini ha evitato la debacle solo grazie al Doge, che però esce a sua volta da questa tornata elettorale politicamente ridimensionato rispetto alla sua forza reale. Nel 2020, con lista propria e nome nel simbolo, Zaia era un brand autonomo capace di attrarre voti ben oltre il perimetro leghista. Oggi, ricondotto nei ranghi del partito, ha salvato Salvini ma ha perso per strada quasi metà del suo seguito e soprattutto il suo profilo trasversale.
Per Giorgia Meloni il bicchiere è mezzo pieno: pur non avendo conquistato il primato regionale, FdI ha quasi raddoppiato i propri voti rispetto al 2020 ed è l’unico partito del centrodestra in crescita davvero strutturale: quanto basta per ipotecare assessorati decisivi e guardare alle prossime comunali di peso: Venezia l’anno prossimo, Padova e Verona nel 2027.
