“Sarà un campo largo, nel quale piantare una tenda riformista”, aveva detto Giovanni Manildo, nelle sue prime uscite pubbliche da candidato presidente del Veneto per il centrosinistra. A distanza di qualche settimana, più che una tenda, si intravede un campeggio. Manildo in principio pareva intenzionato a non avere una “lista del presidente”. Forse l’intento era di valorizzare le varie anime della coalizione, lasciando a tutte lo spazio della propria legittimità politica. Ma le cose potrebbero cambiare.
Il risultato stava diventando un fiorir di liste da ogni parte. Innanzitutto la “Casa dei Riformisti”, presentata una settimana fa dalla senatrice vicentina di Italia viva Daniela Sbrollini e dal coordinatore regionale Davide Bendinelli. “Per ridare voce e speranza ai tanti veneti che non si riconoscono più in questo centrodestra e che chiedono una nuova prospettiva. Un contenitore aperto e inclusivo, capace di rappresentare i riformisti, i moderati e tutti coloro che credono in una politica che guarda avanti”, secondo le parole di Sbrollini. L’effetto è stato di una strana “creatura” a regia renziana, nella quale dovrebbero confluire altre componenti riformiste. Ad esempio +Europa, che però in Veneto vivrebbe una spaccatura tra “magiani” e “dellavedoviani”, con un certo grado di conflittualità che potrebbe riversarsi sulle candidature. Poi dovrebbe trovarvi casa una parte di socialisti e qualche altra formazione minore.
La cosa curiosa è che, pur rappresentando un corpo estraneo rispetto al Pd, pare che l’operazione abbia goduto dei favori delle segreterie regionale e nazionale dem, in virtù di un ragionamento tutto tattico che riguarda i conflitti interni al partito: la lista di origine renziana finirebbe infatti per intercettare il voto riformista del centrosinistra, facendo così lo sgambetto alla componente interna del partito, vissuta un po’ come una spina nel fianco. Insomma, “i nemici dei miei nemici sono i miei amici”.
In tutto questo manca un tassello: Azione. Il partito di Calenda in Veneto ha una doppia immagine. Da un lato è guardato con favore da una parte del settore imprenditoriale locale; dall’altro è visto con sospetto dall’area dem, che ricorda il contributo dato a suo tempo all’elezione in Europa del leader, che dopo non molto tempo fondò il suo movimento. Azione avrebbe atteso a lungo per capire cosa fosse accaduto nell’area più liberal attorno a Luca Zaia, ma alla fine – visto il probabile riallineamento leghista – avrebbe scelto di supportare Manildo.
Calenda però ha detto chiaramente che il partito non parteciperà ufficialmente alle regionali, e chi lo farà seguirà una scelta personale. Il risultato è che i veneti di Azione, guidati da Carlo Pasqualetto, inizialmente avrebbero verificato la possibilità di lavorare a una lista simile a quella presentata da IV, cioè a guida prevalente di Azione, ma con la partecipazione della parte restante dei socialisti e di altre componenti liberali, ma nelle ultime ore le cose sarebbero cambiate. Pare infatti che sia tornato in auge il progetto di “Lista per Manildo”, quindi una formazione senza simboli se non il nome del candidato presidente. Ovviamente sarebbe una lista che godrebbe di notevole sostegno, e a questo punto i candidati provenienti da Azione avrebbero un certo vantaggio rispetto a quelli della lista originata da IV. Che potrebbero ripensarci e confluire pure loro, sostenendo magari che la “Casa riformista” era più che altro un moto di aggregazione.
In buona parte il fermento un po’ pasticciato ha origine nell’unica, vera questione decisiva per il voto: cosa farà Zaia? Una sua lista personale potrebbe ancora tenere unite le varie componenti del suo elettorato, mentre la scelta di essere capolista della Lega lascerebbe sul campo una quantità di voti non propriamente di centrodestra, ovvero quelli più liberal e politicamente “laici”: una percentuale piccola rispetto al potenziale di oltre il 40% che viene ancora attribuito al governatore uscente, ma più che interessante da intercettare e portare verso Manildo. In questa chiave, però, c’è la variabile di Forza Italia, che in Veneto – pur restando organica al centrodestra – ha più volte assunto posizioni autonome, non sempre ben viste dagli alleati e conta sull’influenza di Flavio Tosi, visto come politicamente alternativo alla Lega salviniana e fino a poco tempo fa candidato alla presidenza da Tajani.
Più a sinistra invece c’è grande fermento per il listone che riunirebbe tutta una serie di civiche locali, che in tempi recenti hanno contribuito a far eleggere alcuni sindaci di centrosinistra. Le due piazze più significative sono Vicenza e Verona. In quest’ultima si sta lavorando al salto a livello regionale di “Traguardi”, il movimento quasi completamente costituito da under 30 che è stato determinate per l’elezione a primo cittadino di Damiano Tommasi. La stella nascente sarebbe Beatrice Verzè, fedelissima del sindaco, attivissima nelle interlocuzioni nazionali, alla quale sarebbe stato riservato il ruolo di capolista. Lì le tende sono già ben piantate.
