Ricostruire Gaza, Vincenzo De Luca: “L’Italia farà la sua parte. Presto per parlare di un porto integrato nel corridoio”

Diplomatico di lungo corso, Vincenzo De Luca è stato direttore generale alla Farnesina per la promozione del sistema Paese, consigliere diplomatico del Ministro dello Sviluppo Economico e, dal 2019 al 2023, ambasciatore d’Italia in India. Sotto il suo mandato, New Delhi e Roma hanno rilanciato un partenariato strategico che oggi torna al centro della politica estera italiana.

Ambasciatore, quali prospettive di pace e di sviluppo si aprono dopo l’annuncio della partecipazione di Giorgia Meloni a Sharm el-Sheikh?
«La strategia Indo-Pacifico riguarda gli Accordi di Abramo tra Israele e i Paesi del Golfo, ma anche lo scacchiere asiatico nel suo complesso, con l’obiettivo di diversificare i corridoi rispetto alla via della Seta. Quando è nato l’IMEC, al G20 del 2023, Biden e i leader europei e mediorientali lo presentarono come un’alternativa strutturale. Da allora, però, il quadro è mutato».

In che senso l’India ha visto cambiare la propria posizione nello scenario globale?
«L’India oggi si muove sulla base dei propri interessi con una prospettiva di multi allineamento. Oggi a New Delhi non si avvertono segnali di una partnership strategica con Washington, anche a causa dell’irrigidimento sulle tariffe e delle sanzioni legate alle importazioni di petrolio russo. Se penalizzi il tuo principale partner asiatico, lo spingi verso intese tacite con Cina e Russia».

L’invito rivolto a Giorgia Meloni a Sharm el-Sheikh che significato politico assume?
«È un segnale importante. Ai Paesi arabi fa comodo avere un partner europeo credibile. Tony Blair, pur presente, non rappresenta alcuno Stato; la Francia è paralizzata da una crisi politica, e non è detto che Macron riesca a partire. L’Italia, invece, può svolgere un ruolo di equilibrio, anche grazie alla sua storia nelle missioni post-conflitto, come l’UNIFIL in Libano, dove abbiamo guidato il contingente più numeroso. Non avremo la forza numerica di allora, ma la nostra presenza sarà significativa: si parla di 200 carabinieri. L’Italia resta un Paese solido diplomaticamente, un “grand passeur”, come direbbe qualcuno, che collega i fronti opposti».

L’Europa, però, appare ancora marginale nel nuovo assetto regionale. Gaza può rappresentare il porto che crea il corridoio con Trieste?
«Il corridoio IMEC è legato alla stabilità della penisola arabica. Quanto a Gaza, è presto per parlare di un porto integrato nel corridoio: lì bisogna prima ricostruire le infrastrutture essenziali. Ci vorrà un lavoro decennale. Ma nel lungo periodo sì, certo: la regione potrebbe diventare un nodo logistico e commerciale cruciale».

Il nodo palestinese resta centrale. Crede che il piano di Trump potrà superarlo?
«Solo se si avvia un vero “institution building” palestinese. Bisogna pensare a un’entità capace di rappresentare i propri cittadini, disarmando Hamas e ricostruendo una leadership credibile. Intanto abbiamo il cessate il fuoco che è una notizia straordinaria, e il ruolo dell’Italia nella ricostruzione potrà essere importante».

L’ambasciatore israeliano a Roma, Peled, ha detto che l’Italia sarà chiamata a ricostruire Gaza. In che misura potremo contribuire alla ricostruzione della Striscia?
«Naturalmente i protagonisti principali saranno americani, sauditi ed emiratini, dotati di capacità finanziarie enormi. Noi faremo la nostra parte, con il know-how delle nostre grandi aziende ma anche nel peacekeeping e nel soft power. Anche la Chiesa, cito ad esempio una figura come Pizzaballa, rappresenta un patrimonio di relazioni utili a ricucire i fili del dialogo».

Lei ha lasciato un segno nei rapporti con l’India: cosa resta di quella stagione?
«Abbiamo chiuso la vicenda dei Marò, risolto il contenzioso con Leonardo, rilanciato il partenariato strategico e riaperto la cooperazione nella difesa. Ora si aprono prospettive rilevanti sul mercato della difesa per Fincantieri e Leonardo. Siamo tornati a essere un partner tecnologico e affidabile. È un lavoro di continuità: ogni ambasciatore prosegue quello del predecessore. Durante il mio mandato c’è stata un’accelerazione, ma la direzione è rimasta la stessa».

La diplomazia italiana sembra vivere una stagione di rilancio. È così?
«Direi di sì. L’Italia ha sempre avuto una vocazione di cerniera tra Nord e Sud, Est e Ovest, dai tempi della Guerra fredda. Oggi continua a esserlo nel Mediterraneo, nei Balcani, nell’Europa orientale. Le nostre imprese, intanto, aprono mercati lontani grazie a una straordinaria capacità innovativa. Siamo il secondo paese europeo per avanzo commerciale dopo la Germania: un dato che parla da sé».