Un sistema non può svilupparsi e crescere se privato di un suo elemento, soprattutto se, come nel caso dei lupi, a scomparire è il vertice di tutta una piramide territoriale ed alimentare. Da sempre l’uomo costruisce i suoi migliori modelli sociali osservando ed emulando la natura, le nostre comunità vivono sostenute dalle stesse leggi che governano la monarchia delle api con la loro regina, o la laboriosa cooperazione delle formiche. Ogni sistema vive della sua totalità, dell’armonia degli elementi, la mancanza o la scomparsa di un tassello può far soffrire e ammalare l’intero ambiente. Così quando anche l’Italia, come molti altri sistemi, ha cominciato a dare la caccia ai suoi lupi, convinta di poter sopravvivere meglio senza, si è condannata.
Nel bosco della politica i lupi, i leader, sono sostanziali e indispensabili quanto quelli a quattro zampe, sono la fonte di idee, riforme, progetti e sviluppo di cui vive ogni partito, movimento o comunità. Anche i nostri lupi, come quelli in natura, erano figure maestose, dall’ululato forte, eloquente, colti, eleganti, autorevoli e astuti, a volte persino coraggiosi. Capaci di grandi imprese e di sacrifici, anche del sacrifico definitivo, come nel caso del lupo dalla frezza bianca, Aldo Moro. Poi, dal 1992 nel nostro paese non siamo più stati disposti a sfamare i lupi, a nutrire i partiti e i loro uomini, accusati di razziare ogni risorsa, di depredare la collettività a vantaggio della loro forza. La magistratura si è offerta con abilità, di svolgere la funzione di rangers, di abbattere i lupi e poi ogni altro animale che potesse agire come un lupo, cavalli di razza e giovani leoni.
La caccia è stata estrema e capillare, promossa su grandi nomi, organizzata dall’invidia e compiuta dalla mediocrità.
La prima stagione di caccia fu il massacro, ogni branco perse il suo leader, Partito socialista, democrazia Cristiana, e altre forze politiche, private del maschio alfa, furono ridotte a un branco smarrito e randagio. I rangers accusarono i lupi di saccheggiare meschinamente e avidamente le risorse di tutti, di pensare solo al proprio utile o a quello del loro piccolo branco, contro le leggi del bosco e della democrazia. Hanno punito come furto ogni risorsa usata per mantenere e far crescere il leader e il suo branco, indispensabile per assicurare la protezione del territorio e degli abitanti, di tutti gli abitanti di ogni specie, ma i lupi, tutti i lupi, furono accusati di essere ladri, corrotti e corruttori e come tali dovevano essere annientati.
Qualche lupo tentò di resistere e dare l’allarme, uno in particolare, Ghino di Tacco il suo nome di battaglia, prima dell’esilio pronunciò un ultimo appello agli altri capo branco nel tentativo di metterli in guardia sulla loro stessa fine
“Nella vita democratica di una Nazione non c’è nulla di peggio del vuoto politico. Nel vuoto tutto si logora, si disgrega e si decompone. C’è un problema di moralizzazione nella vita pubblica che deve essere affrontato con serietà e con rigore, senza infingimenti, ipocrisie, ingiustizie, processi sommari e grida spagnolesche…tutti sanno che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale… Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro… “tutti sapevano e nessuno parlava”.
Un finanziamento irregolare ed illegale al sistema politico, non è e non può essere considerato ed utilizzato da nessuno come un esplosivo per far saltare un sistema, per delegittimare una classe politica, per creare un clima nel quale di certo non possono nascere né le correzioni che si impongono né un’opera di risanamento efficace, ma solo la disgregazione e l’avventura”. A quella prima caccia molte ne sono seguite, ripetendo ciclicamente il medesimo schema: attesa, osservazione, congiura e azione. I ranger ben piazzati e armati hanno con pazienza atteso e osservato come nuovi leader formassero il loro branco e dominassero territori sempre più vasti, con il successo è arrivata la congiura e poi l’azione distruttiva.
I rangers, guidati dall’estremo giustizialismo, desideravano il potere dei lupi e il loro territorio, non contenti di far rispettare l’ordine e le leggi volute dai leader, hanno indebolito e condannato ogni nuovo capo branco, con la promessa di agire per il bene di tutti gli abitanti del bosco, i cittadini.
