Poi non c’è da stupirsi se chi semina antiamericanismo raccoglie dazi. Ma anche con gli altri non siamo andati benissimo, basti pensare alla battaglia annunciata durante il Conte 1 per sospendere le sanzioni alla Russia e poi abbandonata in corso d’opera con conseguenze anche nella qualità dei rapporti con i russi, salvo essere stata ripresa estemporaneamente di recente, forse come diversivo. Per gli osservatori non può che essere evidente che la politica estera italiana è improvvisata, in mano a persone che magari hanno altre competenze, ma non quelle richieste per garantire al nostro Paese la necessaria continuità di azione. Il risultato? Siamo isolati, e penalizzati anche in termini di politica commerciale. E trasciniamo nel gorgo della confusione la nostra diplomazia e la nostra intelligence, che da sempre godono di ampia credibilità. Siamo passati dai governi Berlusconi che, legittimati da un voto popolare forte erano in grado di mettere allo stesso tavolo Stati Uniti e Russia, far nominare Draghi alla Bce, firmare trattati di amicizia con la Libia, a governi improvvisati che gestiscono le questioni di politica estera per sentito dire, causando danni ai quali ci vorrà molto tempo per rimediare. Purtroppo in Libia, paese che ci vedeva interlocutori e mediatori riconosciuti, abbiamo raggiunto lo zenith. Lì, anziché mettere in campo la nostra storica capacità di influenza, abbiamo fatto un buco nell’acqua. Ognuno ha giocato la sua partita, noi ne siamo stati incapaci. Ora Conte non ha trovato di meglio che convocare un tavolo con le opposizioni sulle crisi medio-orientali, dalla Libia all’Iran. Classicamente, dopo aver ignorato in tutto e per tutto le minoranze, ha deciso di coinvolgerle e collettivizzare la difficoltà in cui si trova. Il tavolo è convocato per oggi, ma le forze di opposizione dovrebbero pensare bene se prestarsi a questo gioco.
Salta la tregua in Libia e Conte gira a vuoto
