Salvini non è fascista, a mio parere, anche perché nessuno oggi potrebbe essere fascista. Ci sono i neofascisti che quando li vai a misurare alle elezioni scopri che valgono lo zero virgola zero, neanche le tracce di albumina. Perché non esistono, grazie a dio. Non esistono come politica, come minaccia, e sono in piedi soltanto perché l’antifascismo è stato proclamato religione anziché storia e dunque ha bisogno che ci siano dei fascisti altrimenti manca di punto di applicazione. I neofascisti sono un eritema perenne in tutte le democrazie e dopo la caduta del comunismo sovietico la sorpresa di noi occidentali fu che, scoperchiato l’impero del male (copyright Ronald Reagan) sotto quel coperchio era tutto un pullulare di nazisti, naziskin, razzisti, antisemiti, gente tatuata con tutta l’attrezzeria runica, tutta schifezza che tra l’altro non ha niente a che fare neanche col fascismo italiano, andatevi almeno a leggere la storia. Salvini è in realtà Alberto Sordi. Quei personaggi di Sordi in cui incarnava l’opportunista strutturale: “Come dici, piccola? Sei una negretta venuta dall’Africa nera? A negrè, io te rispetto. ‘A vòi ‘na banana? E pìjete na banana”. Ve ne accorgete meglio quando Salvini usa loffiamente il termine “bimbi” al posto di bambini perché fa più sciroppo. E in genere quando parla e ricostruisce continuamente e con grandissima diligenza (è un enorme merito) la lingua popolare degli italiani della grande provincia unica, modulandosi e riadattandosi come un mutante sbarcato su un pianeta ostile in Terronia, partecipa in diretta alle intemerate contro di lui, ascolta, immagazzina, rielabora, impara e risponde sempre meglio. Poiché la sinistra è di sua natura, ormai e purtroppo, cerebrolesa e inscatolata sottolio, detta sinistra non ha neuroni sufficienti per capire che dare del fascista a Salvini è proprio come spararsi sui coglioni nella famosa barzelletta. Ma attenzione: Salvini è vulnerabile altrove. È filo-putiniano. Di ferro. Lasciamo perdere la faccenda dell’hotel Metropol e dei suoi microfoni nascosti (per forza: è l’albergo in cui si riuniscono gli uomini dell’intelligence). Lasciamo perdere i rubli, dollari, euro, fiorini e denaro di Monopoli. Il punto è: Salvini, come la LePen, è abbracciato con Putin e deve accollarsi il putinismo come religione. Ora Putin – proprio in queste settimane – sta riabilitando Stalin per motivi identitari spiegati in Italia dal suo ideologo viaggiante Dughin. Provate a chiedere a Salvini che ne pensa di Stalin e del comunismo sovietico. Vedrete come svicolerà parlando d’altro. Lo stesso la Meloni, che a sua difesa può ben dire di non conoscere la storia e spesso neanche la geografia. Ma chiedete dei giudizi netti, precisi, univoci, e avrete risposte contorte e molto benaltrismo: ben altri sono i problemi, ben altri i temi… Salvini è ormai un esperto navigatore e gli opinionisti e i giornalisti televisivi sanno che se vogliono fa carriera e tenere a contratto la cadrega devono praticare un sovranismo preventivo, magari un po’ problematico – il dubbio del resto è stato elevato a virtù civile anziché dichiarato piaga nazionale – e riavrete la stessa Italia che descriveva Manzoni nel discorso sul carattere degli italiani, Manzoni nel romanzo e nella colonna infame e Collodi con Pinocchio vittima del gatto e della volpe. Dna, tutto scritto. Salvini legge quel Dna come un cieco legge il Braille. E in questo, per ora, nessuno lo batte e, dunque, aspettatevelo pure dietro l’angolo, perché dietro l’angolo ce l’avete messo voi, un voi ecumenico.
Salvini è come Sordi, più bravo di Bossi ma un po’ stalinista
