Un articolo pubblicato qualche giorno fa da “La Stampa” mette in evidenza come per questa manovra finanziaria non ci sarà spazio per i 4 miliardi chiesti dal ministro Schillaci. Gli italiani pagano oggi 42 miliardi di euro per curarsi privatamente con un trend crescente.
Nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2017 il numero degli operatori sanitari nelle strutture pubbliche è, infatti, andato depauperandosi, il tasso di crescita di spesa pubblica per la sanità è andato contestualmente riducendosi con un sostanziale aumento della spesa “out of pocket” nella sanità privata. Emergono almeno due fattori: gli operatori sanitari preferiscono la prestazione in attività libero professionale piuttosto che quella di dipendenza e che per le liste d’attesa non ancora abbattute si spende tanto in sanità privata.
Come se non bastasse molti professionisti scelgono di esercitare nei Paesi del Golfo dove raggiungono remunerazioni di gran lunga maggiori. A segnalare il crescente fenomeno è Foad Aodi, presidente dell’associazione medici stranieri in Italia che sottolinea che il fenomeno riguarda maggiormente regioni del nord Italia.
Un circolo vizioso che ha prodotto iniquità nell’accesso alle cure (chi può spendere fa subito, chi no aspetta) che si può provare ad interrompere invogliando gli operatori sanitari a rimanere nelle strutture pubbliche con più accortezze e garanzie ed una maggiore organizzazione aziendale non solo occasionale/emergenziale (COVID). Anni di lista d’attesa non sono accettabili soprattutto quando la tempestività diagnostica è tutto. Vorrà dire, a queste condizioni, che solo chi potrà permetterselo avrà accesso alla sanità.
