Scoperti due siti archeologici aborigeni sottomarini al largo delle coste dell’Australia. E i ricercatori prevedono che ce ne saranno molti altri da scoprire. I primi siti sono stati ritrovati al largo dell’Australia nordoccidentale. Nel Canale di Cape Bruguieres sono stati ritrovati manufatti che hanno almeno 7.000 anni, mentre nel secondo sito collocato a Flying Foam Passage gli studiosi hanno trovato un singolo manufatto di 8.500 anni. Molti dei manufatti erano stati ricoperti dalla vegetazione marina che li aveva inghiottiti, ma il team internazionale di archeologi è stato in grado di identificare un numero di strumenti di pietra lavorata, tra cui due possibili pietre da macinazione. Tecnicamente non esistono prove di civiltà sommerse, ma da questi ritrovamenti si traggono prove tangibili che comunità costiere preistoriche di aborigeni si siano perse tra i flutti delle acque.
LA SCOPERTA – La scoperta è probabilmente solo il primo passo verso uno studio più approfondito dei siti aborigeni persi. Infatti, secondo Chelsea Wiseman della Flinders University che ha lavorato al progetto Deep History of Sea Country (Dhsc) “un tempo c’era la terra ferma”. Stando ai recenti studi, molti insediamenti furono costruiti in aree che erano su terraferma alla fine dell’era glaciale quando i livelli del mare erano più bassi, ma furono sommersi quando la soglia delle acque si alzò coprendo le popolazioni preistoriche che vivevano lì. Gli scienziati hanno inviato subacquei per esplorare le zone e cercare altri probabili siti, utilizzando una serie di tecniche come il telerilevamento aereo e sottomarino. I risultati mostrano che queste tecniche esplorative si sono rivelate molto utili per rilevare siti archeologici sottomarini, come affermato dagli stessi autori delle ricerche con la speranza che possano essere utilizzati per scovare e recuperare sistematicamente altri antichi manufatti.
