Coniugare l’istruzione scolastica e la formazione lavorativa è possibile? In un paese in cui i NEET (giovani che non lavorano e non studiano) rappresentano il 19,0% della popolazione di età compresa tra i 15 e 29 anni (dati ISTAT) sembrerebbe una sfida troppo difficile da affrontare. Non è così per l’I.I.S.S. “Carlo Emilio Gadda” di Fornovo di Taro (PR) che, da anni, porta avanti una serie di progetti e iniziative finalizzate ad affiancare al conseguimento del diploma di scuola superiore la formazione professionale.
Tramite l’apprendistato di primo livello, gli studenti entrano nel mondo del lavoro con un regolare contratto, anticipando i tempi, maturando contributi pensionistici e godendo delle tutele del lavoratore subordinato. Allo stesso tempo, le imprese possono beneficiare di sgravi contributivi, vantaggi retributivi e incentivi economici. Ma ben più importante è la possibilità, per le aziende, di formare profili specializzati da inserire nel proprio organico e, per i ragazzi, di apprendere competenze specifiche da solide realtà imprenditoriali come Dallara, eccellenza italiana nella costruzione di automobili da competizione, o Bercella, impresa leader nel settore dei materiali compositi.
Un recente studio di INDIRE ha definito questo metodo “Sistema Gadda”, capace di integrare “cultura del lavoro e cultura digitale, organizzazione scolastica e management aziendale”. La classe di apprendistato del progetto, nell’A.S. 2016/2017, ha svolto un numero di ore di alternanza scuola/lavoro superiore a quelle previste dalla Legge 107/2015, la cosiddetta “Buona Scuola”, che, secondo Margherita Rabaglia – ex dirigente dell’Istituto Gadda – che ha ideato il progetto e gli ha dato vita, curandolo sin dalle prime fasi, “è stata un toccasana”. La stessa legge ha istituito i Laboratori Territoriali per l’Occupabilità, che mirano alla formazione in ambiti strategici del made in Italy tramite la collaborazione tra scuola e attività produttive, al fine di riqualificare i giovani non occupati. Nonostante il successo del sistema “Gadda” e l’entusiasmo con cui è stato accolto da studenti e imprese, tanto da essere diventato un modello da imitare, non solo in Emilia Romagna ma anche in altre regioni, come il Veneto, tanti sono ancora i critici di un rapporto sistematico tra mondo della scuola e mondo del lavoro. A chi sostiene che questo sistema comprometta lo spazio da dedicare allo studio, Rabaglia risponde che i ragazzi che hanno partecipato al progetto, oltre a non aver avuto problemi a conseguire il diploma, hanno acquisito una serie di Non-Cognitive skills fondamentali per affrontare sia il mondo del lavoro che quello scolastico.
Gli studi di pedagogia che ribadiscono l’importanza di affiancare la formazione professionale a quella scolastica sono sempre più numerosi e sviluppare competenze spendibili nel mondo del lavoro è una necessità fortemente avvertita dagli studenti italiani, troppo spesso ignorata dalla politica e dal sistema scolastico. In Italia, i giovani fanno il loro ingresso nel mondo del lavoro in media a 24 anni per gli uomini, e a 26 per le donne. Decisamente troppo tardi rispetto agli altri paesi europei: i giovani inglesi e le giovani inglesi iniziano rispettivamente a 19 e 21, mentre i francesi a 21 e le francesi a 23, secondo i dati diffusi dall’OCSE.
Le aziende italiane si ritrovano quindi a dover impiegare giovani provenienti da altri Paesi, proprio a causa della mancanza di competenze professionali specifiche da parte degli studenti italiani, penalizzati da un sistema scolastico troppo teorico e che, negli ultimi decenni, ha avuto la tendenza a uniformare i bienni degli istituti tecnici e professionali a quelli liceali, come sottolinea l’ex dirigente scolastico del Gadda. Negli altri Paesi europei, l’apprendistato è una realtà ormai consolidata e virtuosa, come in Germania, dove la Duale Ausbildung (formazione duale) forma ogni anno più di 1 milione e 300mila apprendisti in oltre 300 professioni riconosciute, secondo quanto riporta l’Ufficio Federale di Statistica tedesco. Tuttavia, la responsabilità di questo divario tra l’Italia e gli altri Paesi non è da attribuire esclusivamente alla politica.
Per Rabaglia, anche le aziende dovrebbero essere più propense ad investire sulla formazione dei giovani e tornare a dotare l’ambiente produttivo di capacità istruttiva. Insomma, il problema è anche e soprattutto culturale, oltre che economico. Il Sistema Gadda può essere un modello virtuoso dal quale ripartire. Occorre cambiare la convinzione che il lavoro infici la qualità dello studio e, anzi, capire che affiancare la formazione scolastica a quella professionale può essere una risorsa per scongiurare la piaga diffusa dell’abbandono scolastico, stimolando e responsabilizzando i giovani studenti. Anche l’apprendimento del fare è un’arte e, come ci ricorda l’ex dirigente scolastico, “Giotto non avrebbe affrescato la Cappella degli Scrovegni se prima non avesse imparato a impastare i colori nella bottega del Cimabue.”
