“Il futuro della scuola… è già qui!”: non è uno slogan futuristico, ma una realtà che stiamo già vivendo. La scuola italiana sta cambiando, esattamente come sta cambiando la nostra società. Ignorarlo, o far finta di nulla, significa abdicare alla nostra responsabilità politica e culturale. Di questo – e non solo – abbiamo discusso nel corso del convegno dal titolo “Parte tutto dalla scuola – La proposta di riforma del Partito Liberaldemocratico“, svoltosi martedì 14 ottobre 2025, presso Spazio PIN, a Milano. Un appuntamento pensato per affrontare, in modo concreto e condiviso, il futuro del sistema scolastico italiano, partendo da un’idea chiara e coraggiosa: rimettere al centro la scuola pubblica come motore di crescita civile, culturale ed economica del Paese. Il convegno si propone come spazio di ascolto e proposta, con l’obiettivo di avviare una nuova stagione di riforma per il sistema scolastico, fondata su fiducia, autonomia, trasparenza e visione di futuro.
Al centro del dibattito c’è stata la valorizzazione della professione docente, di cui abbiamo parlato insieme ad ospiti provenienti dal mondo dei sindacati e delle associazioni, come Ivana Barbacci, segretaria nazionale della CISL Scuola, Marcello Pacifico, presidente nazionale di ANIEF scuola e Giuseppe D’Aprile, segretario nazionale della UIL Scuola.
Non solo: abbiamo analizzato il tema della riforma del reclutamento e dei percorsi di carriera, l’autonomia scolastica vera, una semplificazione burocratica reale, la riforma degli ordinamenti e dell’obbligo scolastico, il superamento del precariato e dei ritardi concorsuali, la scuola come luogo di orientamento e innovazione.
Abbiamo voluto un confronto aperto e plurale, anche con esponenti del mondo della politica, come Maria Pia Bucchioni, responsabile nazionale Scuola di Azione, Filippo Campiotti, dirigente regionale di Forza Italia, e Luigi Marattin, segretario nazionale del Partito Liberaldemocratico.
Ci siamo soffermati su casi concreti. Porto, ad esempio, il caso della scuola primaria di Mestre, dove su 61 bambini iscritti, solo 10 sono italiani – e di questi appena 2 appartengono a famiglie italiane da più generazioni. È un caso limite? Forse. Ma è anche un campanello d’allarme che nessuno può più permettersi di ignorare.
Invece, il dibattito si sta appiattendo su narrazioni tossiche e paralizzanti. Da un lato c’è chi grida alla “sostituzione etnica”, chi invoca la chiusura, l’espulsione, la difesa identitaria a ogni costo. Dall’altro, chi si rifugia in un multiculturalismo astratto, idealizzato, che non fa i conti con la realtà delle aule scolastiche e delle periferie.
Entrambe queste posizioni falliscono. Perché non offrono soluzioni, ma solo reazioni. E mentre si litiga sugli slogan, nelle nostre città aumentano i casi di “white flight scolastico” – la fuga degli alunni italiani dalle scuole a maggioranza straniera – e cresce il ricorso all’istruzione parentale. Si stanno creando, di fatto, vere e proprie sacche di segregazione educativa. Le scuole delle periferie, già penalizzate, sono quelle dove si concentrano gli studenti con più fragilità e minori strumenti culturali e linguistici. In questo scenario, l’integrazione non è solo difficile: rischia di diventare impossibile.
Come Partito Liberaldemocratico, pensiamo che serva una risposta radicale e concreta. Basta con le scorciatoie ideologiche. Serve riformare il sistema scolastico dando vera autonomia alle scuole.
Autonomia vera significa risorse e poteri reali, non solo sulla carta. Le scuole devono poter decidere – in modo rapido e responsabile – come organizzare il personale, come investire nei progetti educativi, come affrontare i bisogni linguistici e culturali degli alunni. Basta con l’attesa passiva delle circolari ministeriali, spesso in ritardo e lontane dai contesti reali.
Un esempio concreto: i docenti di Italiano L2, fondamentali per le prime fasi dell’alfabetizzazione dei bambini stranieri, sono oggi ridotti al minimo. Andrebbero invece potenziati e, dove necessario, assunti direttamente dalle scuole, tramite chiamata diretta. Servono risorse dedicate e strumenti agili. Non burocrazia.
Inoltre, bisogna finanziare progetti mirati di coesione sociale, formazione interculturale, educazione civica. È fondamentale che nelle scuole si creino occasioni vere di incontro tra culture, con un lavoro serio sull’identità, sul linguaggio, sulla costruzione di un’appartenenza comune. Solo così possiamo evitare che crescano nuovi muri – invisibili ma concreti – tra bambini e famiglie che vivono fianco a fianco senza mai davvero incontrarsi.
L’integrazione non è un favore che facciamo agli stranieri. È un investimento sul futuro democratico del nostro Paese. Se la scuola non riesce a includere, a dare strumenti e appartenenza a tutti, allora a fallire sarà l’intera società. Perché sarà sempre più divisa, sospettosa, fragile.
Per questo, come liberaldemocratici, crediamo in una scuola libera, autonoma e inclusiva. Una scuola che non abbia paura della realtà, ma che sappia affrontare con lucidità, coraggio e visione. La libertà e la democrazia non si difendono solo nelle istituzioni, ma si costruiscono – ogni giorno – tra i banchi di scuola. È lì che si formano i cittadini del futuro. È lì che si vince – o si perde – la sfida della convivenza.
Il futuro della scuola è già qui. La vera domanda è: vogliamo continuare a subirlo o iniziare, finalmente, a governarlo? Siamo convinti che la vera riforma del Paese debba partire dalla scuola. La nostra proposta non è una scorciatoia, ma un progetto serio e articolato, che mette al centro il valore della professione docente, la qualità della didattica e la responsabilità delle istituzioni scolastiche. Siamo pronti ad aprire un confronto con tutte le forze sociali e politiche per costruire una scuola pubblica libera, competente e degna del XXI secolo.
