Scuola, la formazione dei liberi pensatori è stata solo una breve parentesi. Oggi come ieri torna il “credere e obbedire”

Nelle scuole elementari di ottanta o novant’anni fa, la lingua italiana era insegnata, in genere, invitando i bambini a scrivere dettati di questo tipo: “Io vado dove il Duce mi dice; tu vai dove il Duce ti dice; egli va ecc”. La storia, invece, serviva a insegnare la prodigiosa creazione dell’impero da parte degli antichi Romani, e la sua trionfale rinascita ad opera dell’uomo del destino. La geografia consisteva nel far capire come il Mediterraneo fosse il centro del mondo, l’Italia il centro del Mediterraneo, Roma il centro dell’Italia. Nell’ora di ginnastica, i “piccoli italiani” marciavano con il passo dell’oca, petto in fuori e schiena dritta. I bambini, tutti, imparavano fin dalla più tenera età che appartenevano a un grande e invincibile Paese, guidato da un uomo che tutto il mondo ci invidiava. La Patria aveva bisogno di loro, presto dovevano diventare dei soldati disciplinati e valorosi, o delle madri prolifiche, che avrebbero donato tanti nuovi figli alla Patria. Il sacro suolo italico ne aveva bisogno, e anche le vaste terre di Tripolitania, Cirenaica, Albania, Etiopia.

La scuola allevatrice

L’idea di un benché minimo dissenso era assurda: come sarebbe stato possibile dissentire dalla perfezione? Una contraddizione in termini. Certo, non tutti i bambini erano ugualmente bravi, è ovvio. Ma non c’era nessun dubbio che tutti dovessero pensare sempre allo stesso modo. Anzi, cosa c’era mai da pensare? C’era già uno che lo faceva, per tutti, in modo perfetto. I bambini dovevano solo credere e obbedire. Quando sarebbero diventati grandi, avrebbero aggiunto, a questi due, un terzo dovere. La scuola italiana funzionava tanto meglio quanto più riusciva ad assolvere a questa sua funzione di degna allevatrice di piccoli, grandi italiani. Bei tempi, non c’è che dire. Peccato che sono passati.

Anzi, forse no. C’è, infatti, chi sta cercando di farli tornare. Diverse proposte, infatti, vorrebbero dire “ex cathedra”, all’inizio dell’anno scolastico, ai bambini e ai ragazzi d’Italia, che non devono pensare con la loro testa, perché la testa serve solo a ripetere le verità che vengono loro insegnate dai grandi, i quali, essendo grandi, ne sanno evidentemente più di loro. Perciò, il primo giorno di scuola dovranno ripetere tutti insieme che se da qualche parte del mondo c’è una situazione di conflitto, i “cattivi” sono solo quelli che i grandi dicono loro, e nessun altro; e che se c’è qualche sofferenza da qualche parte del mondo, quelli che soffrono sono solo quelli che dicono i grandi, e nessun altro; e che la responsabilità è solo dei “cattivi” che hanno detto i grandi, e di nessun altro. Vietato pensare, porsi dei dubbi, fare delle domande. Bisogna solo credere e obbedire, in attesa, domani, di combattere. Bisogna rispettare, tutti insieme, “un minuto di silenzio”, e questo minuto di silenzio ha scritto in sé un preciso e dettagliato programma politico e ideologico. Dice perfettamente qual è il senso della storia (l’unico possibile), chi bisogna condannare e, soprattutto, odiare.

C’è stato un periodo – tra i tempi in cui a scuola si insegnava che bisogna “andare dove il Duce ci dice” e quelli in cui si insegna che bisogna odiare alcune categorie di persone – in cui qualcuno ha pensato che la scuola servisse a formare dei liberi pensatori, dei cittadini liberi, responsabili e dotati di autonomia di pensiero. Ma è stata solo una breve parentesi. I tempi cambiano, o sembrano cambiare, ma gli italiani restano sempre italiani.