Una serata e una nottata d’inferno in casa Meloni. Ieri mattina alle 8.35 il post sui social è stato quasi liberatorio. “La mia relazione con Andrea Giambruno, durata quasi dieci anni, finisce qui… Le nostre strade si sono divise da tempo ed è arrivato il momento di prenderne atto”. Le ultime 72 ore erano state troppo intense per la Premier: durante il giorno a tessere, per quello che può l’Italia, la tela diplomatica per evitare l’escalation in Israele e l’incendio del Medioriente; nelle pause da questo fronte, i vertici dell’intelligente per capire come calibrare la risposta alla minaccia del terrorismo islamico nella sua ultima evoluzione “liquida e impalpabile”, quella dei “lupi solitari”; quando era possibile tirare il fiato da questo e da quello c’è da mettere gli occhi sulla manovra foriera, anche lei, di malcontento e tensioni. Come condimento finale, tra le 20 e le 21, per due sere consecutive è arrivata Striscia la Notizia con i fuorionda volgari e deontologicamente inadeguati di Andrea Giambruno.
Insomma, deve aver pensato la premier, fare il Presidente del Consiglio è un mestiere troppo serio per avere a che fare con un personaggio come Giambruno. Specie in un contesto come quello attuale, sia in politica estera che interna. “Era finita da un pezzo” dicono i colleghi di partito e di maggioranza. Almeno da settembre quando in missione a New York per l’assemblea generale delle Nazioni Unite decise di portare con sé anche la piccola Ginevra. “Si trattava solo di trovare il tempo e il modo di comunicarlo”. E il modo ha avuto la precisione e la decisione del “killer” professionista.
Nella vita di un politico poco è privato, quasi tutto è pubblico. Nella vita politica di Giorgia Meloni il suo privato è sempre stato molto pubblico. Ecco che il “divorzio” privato della premier diventa anche un messaggio politico. Come dice benissimo il post scriptum della stessa premier: “Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua”. Parole che sono frecce negli occhi soprattutto dei suoi alleati, da Salvini a Tajani, dalla Lega a Forza Italia.
Le ricostruzioni sui tempi e sui modi del divorzio dell’anno abbondano di ricostruzioni e retroscena. Diamo qui conto dell’unico che può avere un “senso” politico: possibile che Forza Italia, tramite Mediaset, sia una di quelle “gocce che spera di scavare la pietra” di cui parla Meloni? Possibile che l’inventore e autore storico di “Striscia” Antonio Ricci, totale autonomia in azienda da sempre, abbia voluto fare un intervento a gamba tesa nella già complessa vita della premier? Giusto per ricordarle chi è e da dove viene? Possibile ma non probabile. “Un giorno, a breve, Meloni mi ringrazierà del favore che le ho fatto” ha commentato ieri Ricci.
Di sicuro sono e saranno “gocce che provano a scavare” quelle che Lega e Forza Italia metteranno a terra nel cammino da qui all’approvazione della legge di bilancio. La guerra cancella tutto ma quando il testo arriverà al Senato e si comincerà fare sul serio – ancora, appunto, non c’è un testo definitivo – l’appello della premier alla sua maggioranza di non presentare emendamenti e votare in pratica a scatola chiusa potrebbe non essere ascoltato. Non sono solo le opposizioni che denunciano i pochi soldi alla Sanità e, quindi, la non soluzione del problema delle attese di mesi per fare una visita specialistica. L’elettorato della Lega è furioso per le beffa delle pensioni: oltre ad essere scomparse Opzione Donna e Ape social per i lavori usuranti, nel 2024 si andrà in pensione un anno più tardi. Altro che superamento della Fornero. Ha il sapore del bluff anche la promessa degli asili gratis “a partire dal secondo figlio”. Peccato che non ci siano fisicamente i posti disponibili negli asili pubblici per soddisfare questa domanda. “Un miliardo per gli aiuti alle famiglie” ha detto Meloni in conferenza stampa. Peccato che dopo il bluff degli asili gratis ci sia anche la burla del ritorno dell’Iva al 22% (anziché al 5%) sui prodotti igienici femminili e per l’infanzia perché “tanto l’inflazione s’era mangiata il taglio”. Non piacerà, agli elettori del centrodestra, neppure l’aumento della cedolare secca per gli affitti che dovrebbe pesare dal 21 al 26%. Per non parlare di un altro clamoroso bluff: la revisione dei contratti del pubblico impiego (fermi da quattro anni) dovrebbe portare a 170 euro nette in più. Una cifra considerata insufficiente visto quello che s’è mangiato l’inflazione. Una manovra lacrime e sangue. E non saranno solo le opposizioni a dirlo andando in piazza il 7 novembre (sindacati) e poi di nuovo l’11 (il Pd). Saranno i suoi due vicepremier a primi a tirarla per la manica della giacca, “eh no Giorgia, così non va”.
Se quella della manovra sarà uno stress test prolungato per la premier e la sua maggioranza, nel breve periodo ci sono altre “gocce che cercano di scavare la pietra” (cioè la leadership della premier). Salvini ha chiamato la piazza “contro l’islam violento” per sabato 4 novembre a Milano. Una convocazione nata “per rispondere alle piazze urlanti che inneggiano alla Palestina e ad Hamas” nelle città italiane, nelle capitali europee e soprattutto nei paesi arabi, dal Marocco al Libano. La scelta di Salvini è chiaramente strumentale e finalizzata al consenso. Non è stata condivisa e, anzi, ha irritato molto due ministri come Tajani e Crosetto. Meloni non ne vuole neppure sentir parlare, “una follia”. Pericolosa, visto il clima.
La premier oggi parteciperà al vertice per la pace in Egitto. Poi dovrebbe andare in Israele a incontrare Netanyahu, un ulteriore tassello per la soluzione diplomatica della crisi.
In tutto questo è chiaro che non poteva esserci spazio in alcun modo per i fuori onda dal padre di sua figlia.
