Separazione delle carriere, ultimo giro prima del referendum. L’ira di Pd e 5S: “Questo governo impone con brutalità”

Da decenni il dibattito sulla separazione delle carriere dei magistrati assume contorni quasi ontologici, con una dicotomia tra chi prefigura scenari apocalittici e chi la considera un cambiamento fondamentale per il Paese. Ieri il Senato ha approvato – con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni – il disegno di legge di revisione costituzionale sulla separazione delle carriere nella magistratura, tra pubblici ministeri e giudici. Il provvedimento tornerà alla Camera (dove era già stato approvato il 16 gennaio scorso) per la terza lettura e, successivamente, passerà di nuovo al Senato.

Per la premier Giorgia Meloni, “l’approvazione in seconda lettura al Senato della riforma costituzionale della giustizia segna un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione”. “Il percorso non è ancora concluso – ha aggiunto – ma oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all’Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente”. Una giornata che il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, definisce storica: “Si realizza il sogno di Berlusconi”. Una seconda lettura che, secondo il ministro Carlo Nordio, “dovrebbe essere rapida, poi andremo al referendum, che io auspico, perché una materia così delicata va sottoposta al giudizio degli italiani”. Per il Guardasigilli si tratta di un “passo molto importante verso l’indipendenza della magistratura da sé stessa e dalle sue correnti, attraverso la rimodulazione del Csm. Ed è anche un balzo gigantesco verso l’attuazione del processo accusatorio voluto da Giuliano Vassalli”.

Boccia: “È un modello di trumpismo, la revisione costituzionale è stata imposta”

Le opposizioni protestano contro una riforma che il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, definisce come “un modello del trumpismo”: “Ci siamo opposti, con fermezza e con responsabilità, a una riforma che non ha mai conosciuto il confronto parlamentare. Mai, in tutta la storia della Repubblica, una revisione costituzionale è stata imposta con questa brutalità aritmetica, senza una vera discussione, senza ascolto, senza dialogo. È una riforma contro la magistratura. Non parla della durata dei processi, non affronta le carenze strutturali della macchina giudiziaria, non tutela i diritti dei cittadini. È una torsione autoritaria e illiberale della nostra Costituzione”.

Conte evoca la P2

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, evoca la P2: “Ingiustizia è fatta. Processi lumaca, precari a rischio nei tribunali, app per il processo telematico che hanno creato caos, disagi e file per settimane, criminali che scappano prima dell’arresto perché con la riforma Meloni-Nordio vengono avvertiti. Ovviamente questi non sono problemi da risolvere per il governo Meloni, perché sono i problemi dei comuni cittadini. Molto più importante mettere il guinzaglio ai magistrati, proteggere politici e potenti dall’azione dei tribunali e realizzare il sogno di Licio Gelli e della P2: è per questo che poco fa hanno approvato la separazione delle carriere al Senato. Hanno in testa un disegno ben chiaro: pubblici ministeri come super-poliziotti, sotto l’influenza e il condizionamento del ministro della Giustizia di turno.

Fratoianni: “Un attacco all’autonomia della magistratura”

Meno garanzie per i cittadini comuni, più impunità per qualche potente privilegiato”. Per Nicola Fratoianni di Avs si tratta di un attacco all’autonomia della magistratura: “La verità è che, quando la destra in questo Paese parla di riforma della giustizia e di efficientamento del sistema, di snellimento delle procedure, in realtà nasconde sempre un altro sottotesto. Un sottotesto in cui c’è scritto a chiare lettere l’attacco all’autonomia della magistratura, la volontà di subordinare i giudici al potere politico. E soprattutto è il sottotesto di chi vuole una magistratura sempre meno capace di svolgere il proprio mestiere”.

Renzi. “Questa riforma è solo una bandierina”

Se per Matteo Renzi la riforma “è solo una bandierina che non risolve nessuno dei problemi della giustizia di cui questo Paese soffre”, molto diversa è la posizione dei Radicali italiani: “Separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri è fondamentale per garantire una giustizia trasparente e davvero al servizio del cittadino. Non può esserci fiducia – afferma il segretario Blengino – in un processo in cui chi accusa e chi giudica appartengono allo stesso corpo, con percorsi intrecciati che possono intaccare l’imparzialità del giudizio. Serve un giudice terzo, libero da ogni sospetto di contiguità, per tutelare le garanzie e l’equità del sistema”. Voce fuori dal coro è quella del leader di Azione, Carlo Calenda, secondo cui la riforma è necessaria perché “oggi non c’è una vera indipendenza tra politica e magistratura”.