Silvio Orlando e la narrazione della sua città: “Tutti sanno cos’è un napoletano tranne i napoletani”

L’attore napoletano Silvio Orlando torna al cinema con Il bambino nascosto, un film ambientato a Napoli, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Andò, regista palermitano e direttore artistico del Teatro di Napoli, edito dalla Nave di Teseo. Un maestro di pianoforte e un bambino in fuga dalla vendetta di un boss della Camorra: questo l’intreccio.

In realtà nelle sale Orlando era tornato, e ancora non se n’era andato, con Ariaferma, diretto da Leonardo Di Costanzo, con Toni Servillo, presentato alla Mostra dell’Arte Cinematografica di Venezia. “Sono sempre lo stesso,  mi piacciono l’antiretorica e l’ironia, anche se credo che, a una certa età, far ridere diventi davvero difficile. L’attore comico è come un bambino che scopre il mondo per la prima volta e l’infantilismo, a un certo punto, diventa disturbante”, ha detto in un’intervista a La Stampa.

“Stanlio e Ollio a 60 anni facevano le stesse cose di sempre, ma avevano assunto un tono quasi mortuario. Un attore ha anche il dovere di cambiare registro, di seguire la lunghezza d’onda della propria anima, dei propri dolori. E poi mostrare la vecchiaia e la stanchezza di vivere non è una cosa depressiva, anzi, può essere fonte di grande divertimento”.

Anche una definizione singolare e interessante della cosiddetta e fantomatica “napoletanità”, nel dialogo con il quotidiano torinese: “È una città stratificata – ha osservato Orlando – con un’identità molto forte, che ha un bisogno fisico di essere rappresentata. Tutti sanno che cos’è un napoletano, tranne gli stessi napoletani. Abbiamo risolto il problema auto-rappresentandoci, prendendo l’abitudine di fare quello che ci si aspetta da noi. Poi, ciclicamente, succede che, riaccendano i riflettori, che tutto riparta, ed è come se Napoli fosse vista per la prima volta”.