L’accordo decisivo concluso da Sanchez – arriviamo qui alla terza caratteristica di questo governo - è però quello con Erc, il partito secessionista e progressista catalano. Ed è basato su due punti sorprendenti: il riconoscimento del conflitto politico con la Catalogna e la necessità di creare un tavolo di dialogo per cercare di risolverlo. Il 14 ottobre scorso, la Corte suprema di Madrid aveva condannato i leader indipendentisti catalani, colpevoli di sovversione dell’ordine pubblico della Spagna con il referendum sulla secessione dell’ottobre 2017 e la conseguente proclamazione della Repubblica indipendente di Catalogna. Le pene comminate dai giudici sono state pesantissime: ben 13 anni di reclusione per sedizione e malversazione sono stati inflitti proprio a Oriol Junqueras, ex vicepresidente della Generalitat e presidente di Erc, rinchiuso in carcere da quasi due anni. Un totale di cento anni di carcere, poi, per tutta la prima linea dei partiti indipendentisti. Altri leader catalani, come Carles Puigdemont, sono fuggiti all’estero per evitare la prigione. Il 3 gennaio scorso, la Giunta Elettorale Centrale ha destituito per disobbedienza dal parlamento regionale Quim Torra, attuale governatore della regione che aveva promesso “un nuovo referendum e l’indipendenza entro il 2021”. La destra chiede a Sanchez un intervento deciso e muscolare contro gli indipendentisti: durante il dibattito, Pablo Casado, leader del Partido Popular, lo ha accusato di “fare accordi con terroristi e golpisti”. Viceversa, la sinistra estrema vuole un accordo politico con Barcellona. Ma non si capisce ancora quale accordo sia possibile, visto che, come ha chiarito la Corte Suprema, la contrapposizione tra l’indipendenza della Catalogna e la Costituzione spagnola è insanabile. «La responsabilità di trovare una soluzione alla questione politica pesa su quanti hanno incarichi politici a Madrid e a Barcellona», dice il costituzionalista basco Alberto Lopez Basaguren, tra i massimi esperti dei processi indipendentisti. E aggiunge: «La via giudiziaria e l’uso della forza per frenare le rivendicazioni degli indipendentisti sono stati gli errori dei governi di Madrid guidati dal Ppe». Durante il dibattito in aula Sanchez ha usato proprio questo argomento per conquistare la fiducia dei catalani. In verità, non si è mai affermata chiaramente in questi anni una maggioranza di catalani a favore della rottura con Madrid, mentre per il diritto di decidere in un referendum, o per una maggiore autonomia, la maggioranza è invece ampia. L’accordo con Erc prevede, in ogni caso, un tavolo di negoziati che conduca nel giro di qualche tempo a una consultazione diretta dei cittadini. L’esperimento di Sanchez è ancora all’inizio. Ma l’esito finale sarà, in ogni caso, da brivido.
Spagna, al via il governo tra Psoe e Podemos
