Spionaggio e sabotaggi, la guerra ibrida di Putin che sta danneggiando aeroporti e infrastrutture energetiche europee

An airport employee points at a departure board after a cyber attack caused delays at Brussels International Airport in Zaventem, Belgium, Saturday, Sept. 20, 2025. (AP Photo/Harry Nakos) Associated Press / LaPresse Only italy and spain

Con l’avvicinarsi dell’inverno, la guerra ibrida che la Russia sta conducendo in Europa potrebbe prendere una piega preoccupante. Il conflitto dipende solo in parte dallo stato delle cose in Ucraina. Il previsto incontro Trump-Zelensky, infatti, sarà concentrato sulle forniture missilistiche degli Usa a Kyiv. È comprensibile che l’Europa pensi a come difendersi da sola.

All’inizio di questa settimana, il Consiglio Ue ha prorogato di un altro anno le misure restrittive contro i responsabili delle azioni destabilizzanti della Russia all’estero. Nella sua documentazione, Bruxelles preferisce non parlare di generiche attività ibride, bensì di “manipolazioni e interferenze delle informazioni straniere” (Foreign Information Manipulation and Interference, Fimi). Con questo concetto, l’Ue intende abbracciare tutte quelle iniziative che rischiano di compromettere la sicurezza dell’intero continente. Quindi non è solo un discorso di guerra ibrida, ma di penetrazione del messaggio, chiaramente propagandistico, per cui l’Europa non può fare a meno della Russia, così come non ha gli strumenti per reagire ai suoi attacchi. All’atto pratico si tratta di sabotaggi a infrastrutture energetiche, idriche e aeroportuali. Obiettivi contro i quali non sono necessari cyberattacchi o sofisticati strumenti tecnologici per generare un’emergenza.

È emblematico il caso della petroliera Eagle S, legata alla flotta ombra russa, che, il giorno di Natale del 2024, trascina la propria àncora nel Golfo di Finlandia, tranciando il cavo elettrico Estlink-2 che collega Finlandia ed Estonia. L’incidente provoca un’emergenza chiusa soltanto a metà giugno scorso e che il governo finnico ha gestito come un affare interno. Un nuovo episodio però potrebbe avere una portata maggiore. L’Europa è disseminata di gasdotti, cavi elettrici, terminali Gnl, tralicci, giacimenti offshore di petrolio e gas, nonché impianti solari ed eolici. D’altra parte, l’Mi5 britannico ha avvertito di recente il suo governo dell’incremento di attività di spionaggio di matrice russa, ma anche cinese e iraniana, sul suolo del Regno Unito. Quello trasmesso dall’agenzia è un warning senza precedenti nei toni, che avverte parlamentari e personale amministrativo del rischio di infiltrazioni che potrebbero minare la democrazia del Paese. Londra è ben consapevole dei rischi. Viene da chiedere se la percezione sia uguale da quest’altra parte della Manica.

I 38 episodi di sconfinamento di droni russi – smentiti da Mosca – nei cieli del Nord e dell’Est Europa si sommano a quelli di sabotaggio delle infrastrutture energetiche. Dagli attacchi, al momento, sono rimasti fuori i sistemi informatici bancari. Forse perché più protetti. Non è escluso che chi ci attacca abbia intuito che all’opinione pubblica fa più paura restare al freddo, invece che vedersi clonata la carta di credito. Va anche detto che è negli istituti finanziari europei che sono depositati i conti di quelle 47 persone fisiche e 15 entità appunto congelati dal Consiglio Ue fino al 9 ottobre 2026. Mosca ci ha avvertito che questi beni non devono essere usati per finanziare Kyiv. Possibile che si risparmi dall’attaccare gli istituti di credito europei per evitare che i suoi patrimoni cadano vittima di fuoco amico?

Per quanto utili però, le sanzioni non bastano. Con il freddo alle porte, e quindi con l’abbassarsi degli scontri in Ucraina, è necessario che Ue e Nato si assumano una maggiore responsabilità nel prevenire le mosse russe. Proposte di soluzioni in tal senso arrivano dagli addetti ai lavori. L’Eurasia Group di Londra sottolinea l’urgenza della diversificazione delle fonti energetiche. Vale a dire costruire nuovi sistemi di rigassificazione, nuovi impianti di energia rinnovabile, sistemi di accumulo e ampliare le riserve strategiche di gas.

A sua volta, il Center for European Policy Analysis di Washington scrive che l’Alleanza atlantica dovrebbe innanzitutto avere più mano libera, rispetto ai suoi Stati membri, nel neutralizzare i droni ostili. È necessario intensificare i controlli dei traffici navali. Ai cyberattacchi, bisogna rispondere con contromisure per disabilitare server ostili e bloccare trasmissioni illegali. Sono tutte valide soluzioni, che però non tengono conto dell’handicap politico. Bruxelles, sia quella comunitaria sia quella militare, non procede come una sola testa. La collegialità delle nostre istituzioni si scontra con la capacità decisionale, monolitica e individuale, di Mosca.