C’è l’intesa politica tra il Consiglio e il Parlamento europeo per lo stop permanente delle importazioni di gas naturale dalla Russia. Non solo, anche per l’eliminazione graduale dell’uso del petrolio russo. “Una giornata storica per l’Unione europea”, così ha definito ieri questo traguardo la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, “molti pensavano che non sarebbe stato possibile invece è successo”.
L’UE chiuderà i rubinetti al gas russo secondo una tabella di marcia precisa: prima la cancellazione dei contratti di fornitura a breve termine entro la prima metà del 2026; poi, il divieto di quelli a lungo termine. Insomma, entro il novembre 2027 – “una volta per tutte”, si legge – l’UE non dipenderà più dai gasdotti di Mosca. L’accordo politico raggiunto include già, inoltre, un quadro di controllo aggiuntivo alla sorveglianza doganale esistente, al fine di disincentivare qualsiasi tentativo di elusione.
Sono state delineate anche delle raccomandazioni per liberarsi gradualmente dal petrolio russo: entro marzo 2026 gli Stati membri dovranno presentare piani nazionali di diversificazione, in cui – sostanzialmente – si indicheranno le fonti energetiche alternative a quelle di Mosca. Ma mentre sul petrolio alcuni punti rimangono ancora aperti, sul gas russo pesa un “no” definitivo, che dovrà esser approvato formalmente dal Parlamento europeo e dal Consiglio nelle prossime settimane. La risposta boriosa del Cremlino, come prevedibile, non si è fatta attendere. La rinuncia alle risorse russe – ha dichiarato il portavoce del Presidente Vladimir Putin, Dmitry Peskov – “non farà che accelerare il processo di declino dell’Unione europea”. Presente all’appello anche la direzione ostinata e contraria dell’Ungheria, che ha annunciato di voler impugnare il piano dell’Ue.
Polemiche a parte, la svolta energetica sancita ieri è sì una novità per molteplici aspetti, ma anche una conferma di una linea politica avviata da ormai quattro anni. Dall’inizio dell’aggressione militare all’Ucraina, infatti, le percentuali di approvvigionamento dalla Russia hanno visto un calo impressionante: la dipendenza dell’UE dal gas russo dal 45 % è passata al 13%; le importazioni di carbone dal 51% a zero e di petrolio dal 21% al 2%. Se da un lato questo accordo politico rappresenta una ulteriore dimostrazione dell’Europa di voler stare dalla parte di Kyiv e ridefinire i rapporti con Mosca; dall’altro, è la prova che l’UE ora è pronta e aperta a instaurare nuove rotte energetiche. Nuove vie all’insegna della diversificazione e all’insegna della qualità non solo delle risorse ma anche dei fornitori. Per decenni l’UE è dipesa da monopoli che si sono poi rivelati essere veri e propri ricatti. Se vi è una grande lezione che l’Europa ha acquisito dalla guerra in Ucraina – e che sta dimostrando di aver appreso – è che l’indipendenza energetica non è barattabile.
