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Student housing: fotografare il presente per (ri)progettare il futuro
L’emergenza Covid-19 impone importanti riflessioni sul futuro. Per ripartire è necessario mettere sul tavolo idee nuove per risolvere vecchi problemi. “Vecchi” perché l’emergenza non ha fatto altro che enfatizzare problematiche già esistenti, ignorate o solo in parte affrontate.
Siamo due giovani avvocati fuorisede e ci occupiamo prevalentemente di real estate. Qualche anno fa eravamo stagisti e prima ancora studenti universitari, fuorisede. Benevento, Palermo, Pisa, Roma, Londra e Milano, sono le città che hanno contribuito alla nostra formazione e crescita professionale.
Portiamo nel cuore ognuna delle città menzionate: consapevoli che le esperienze lontani da casa favoriscono lo scambio di idee ed educano alla condivisione, anche del sapere. Durante l’Università abbiamo vissuto l’esperienza della casa condivisa in locazione e della residenza per studenti. Oggi la nostra attività professionale ci ha portato ad analizzare il settore dello student housing in un’ottica più tecnica.
Al pari di altri settori, anche lo student housing è stato colpito dall’emergenza sanitaria. L’espressione “student housing” viene ugualmente utilizzata per identificare due fenomeni diversi tra loro ma strettamente collegati poiché indirizzati ad unico target: gli studenti universitari.
Sono “student housing” sia le locazioni con soggetti privati di posti letto all’interno di più ampi appartamenti per motivi di studio che l’assegnazione di minialloggi o posti letto all’interno di studentati. A causa del Covid-19 si sono riproposte due importanti problematiche in questo settore: assenza di strumenti di tutela ad hoc per gli studenti “costretti” a far rientro dalle proprie famiglie nonché obsolescenza e assoluta insufficienza delle strutture esistenti.
L’inadeguatezza della normativa esistente in materia rende ancora più complesso trovare il bandolo della matassa. Mentre il mercato delle locazioni private segue gli schemi contrattuali messi a disposizione dalla legge, le residenze per studenti sono prive di una normativa capace di disciplinarle in modo esaustivo, tenendo conto delle svariate vesti dalle stesse assunte nel tempo.
Alle problematiche enfatizzate dal Covid-19 si è tentato di ovviare mediante soluzioni emergenziali: per le locazioni, accordi di riduzione e sospensione dei canoni (nelle rare ipotesi in cui il proprietario si è mostrato disponibile); per gli studentati, adozione di tutte le misure necessarie a contenere la diffusione del virus.
Si tratta in entrambi i casi di soluzioni inidonee a risolvere in modo definitivo i problemi del settore.
La problematica principale è la carenza di strutture ad hoc capaci di assorbire la domanda di alloggi per studenti al di fuori del mercato immobiliare “comune” a cui gli universitari sono costretti a rivolgersi (con tutte le conseguenze a ciò collegate: canoni elevati, scarsa flessibilità del rapporto di locazione ed assenza di mezzi di tutela ad hoc).
È necessario incrementare l’offerta di servizi residenziali per studenti puntando su forme di partenariato pubblico-privato che consentano di riqualificare le strutture esistenti, riconvertire in residenze per studenti parte del patrimonio edilizio dismesso e inutilizzato, progettare nuove strutture se indispensabile.
Prima bisognerà dotare il settore di un testo unico dello student housing che fissi le basi della disciplina. Una normativa che tenga conto non solo della fase realizzativa o di riqualificazione della struttura ma anche di quella gestionale, individuando gli schemi contrattuali più idonei da adottare con lo studente.
È indispensabile, inoltre, individuare nuovi criteri di progettazione. Le strutture odierne non sono ideate per far fronte ad una situazione di emergenza sanitaria come quella attuale (che potrebbe ripresentarsi in futuro).
Lo studentato tipo segue il layout “dormitorio/albergo”: stanze singole/doppie con affaccio su corridoi comuni e servizi condivisi (bagno, cucina, biblioteca, sala relax).
Lo studentato del futuro dovrebbe trasformarsi in un insieme di mini-unità abitative autosufficienti, con internalizzazione dei servizi minimi, nuova configurazione degli spazi comuni, riprogettazione delle modalità di accesso e delle tecniche di areazione e illuminazione.
Il Covid-19 non deve lasciarci in eredità la paura della condivisione, la fobia della socialità ma deve educarci ad una socialità intelligente.
È necessario che giuristi, architetti, ingegneri e sociologi mettano insieme le forze per riprogettare il Paese.
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