Esteri
Teheran-Dubai-Hezbollah: la rete invisibile. Così l’Ayatollah finanzia i terroristi in Libano
Un sistema di scambi di denaro attraverso società private in grado di aggirare ogni controllo finanziario Il metodo hawala, secondo il Wall Street Journal, avrebbe portato ai miliziani oltre un miliardo di dollari
Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, confermata dal Dipartimento del Tesoro americano, l’Iran ha trasferito a Hezbollah oltre un miliardo di dollari nell’ultimo anno attraverso una rete di money exchange e società private basate a Dubai. Una cifra sorprendente se si considera che le tradizionali rotte del finanziamento iraniano sono oggi quasi del tutto interrotte: il crollo del regime di Assad ha spezzato il corridoio terrestre siriano, i controlli all’aeroporto di Beirut non sono mai stati così stringenti e anche i flussi via mare risultano monitorati o neutralizzati. Sulla carta, Hezbollah avrebbe dovuto trovarsi in una crisi finanziaria profonda. In pratica, non è accaduto.
Il motivo è semplice: Teheran ha spostato il proprio sistema di finanziamento su un terreno dove controlli e tracciabilità diventano quasi impossibili. Il nodo centrale del traffico illecito è Dubai: con centinaia di società di cambio, attività commerciali opache e un ecosistema normativo molto più morbido di quanto dichiarato, è diventata la nuova centrale finanziaria del gruppo terrorista sciita. In questo ambiente si innesta perfettamente il metodo hawala, un sistema parallelo di trasferimento fondi privo di bonifici, banche e registrazioni elettroniche. Il meccanismo, nato in India nel VII secolo d.c., è tanto antico quanto efficace: nel caso che ci interessa, un funzionario iraniano consegna i contanti a un cambiavalute di Dubai; quest’ultimo invia un codice a un collega in Libano; il partner libanese paga Hezbollah con fondi già disponibili nel Paese; i due intermediari regoleranno i loro conti in seguito tramite compensazioni commerciali, scambi d’oro o operazioni fittizie.
Nessun denaro attraversa le frontiere, nessuna transazione bancaria appare sui circuiti internazionali, nessun sistema di monitoraggio può intercettare un trasferimento che, tecnicamente, non avviene mai. È il contesto ideale per un’organizzazione sanzionata come Hezbollah, ma anche per qualunque attore che voglia eludere i sistemi di controllo. Infatti, il sistema è usato, ad esempio, dalla mafia pakistana, dagli Houthi, dai Talebani e da molte altre organizzazioni criminali. Gli Emirati affermano, regolarmente, di non voler consentire attività illegali sul loro territorio, ma la realtà raccontata da numerosi dossier occidentali è ben diversa. I money exchange degli EAU operano con regole molto meno rigorose delle banche, non applicano controlli KYC paragonabili a quelli internazionali e spesso mescolano flussi leciti e illeciti nella stessa operatività quotidiana. Sono strutture nate, in origine, per facilitare rimesse familiari e piccoli scambi commerciali, ma che nel tempo sono diventate snodi cruciali per aggirare sanzioni, riciclare fondi e finanziare milizie in tutta la regione.
Il fatto che questo sistema sopravviva – e prosperi – indica che qualcuno, a Dubai, considera accettabile mantenere aree grigie dove politica e finanza possono incontrarsi senza troppa trasparenza. Non a caso la città-emirato ha prosperato ed è diventata una delle icone mondiali dell’architettura verticale, pur senza possedere giacimenti petroliferi rilevanti. Hezbollah, dal canto suo, resta in difficoltà economica ma non è stato affatto messo in ginocchio. La guerra di logoramento israeliana ha eliminato centinaia di comandanti e distrutto depositi, linee di produzione e infrastrutture. L’organizzazione deve ricostruire case nel sud del Libano, assistere migliaia di feriti e sostenere la rete sociale che garantisce consenso al movimento.
In condizioni normali, il blocco della rotta siriana e dell’aeroporto di Beirut avrebbe dovuto paralizzarla. Ma un sistema antico e completamente analogico ha cambiato le carte in tavola: il canale di Dubai, sommato alla resilienza dell’hawala, ha dato a Hezbollah la possibilità di resistere. La conclusione è netta: finché il sistema hawala funzionerà, e Dubai resterà un porto franco finanziario, nessuna sanzione potrà davvero fermare il flusso di denaro dall’Iran a Hezbollah. La vera vulnerabilità non è politica o militare, ma finanziaria: privato della linfa vitale proveniente da Teheran, Hezbollah collasserebbe senza bisogno di bombe.
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