É uno strano periodo per l’imprenditoria legata al mondo del food, della ristorazione, dell’hotellerie. Insomma per tutto ciò che in Italia accompagna e traina il turismo. Sappiamo che per molti questi ultimi due anni sono stati terribili. Per alcuni però sono stati anche occasione per aggiustare il tiro, capire come rimettersi in gioco, alzare l’asticella.
La ripartenza e una convivenza diversa con il covid porta i locali in ogni parte d’Italia e in città è come Roma a maggiori capienze, con flussi turistici che riprendono e voglia di tornare a pieno ritmo portando un po’ di innovazione nelle sale e nelle cucine. Ci sono ancora incertezze legate ai venti di guerra in Ucraina che spirano forti anche in Europa e alle giuste sanzioni imposte alla Russia che pesano peró anche sulle bollette delle attività del food and beverage: gli aumenti sul costo dell’energia e su alcune materie prime in cucina. A volte si ripercuotono anche sul conto a fine pasto per i clienti.
Tra difficoltà e voglia di mettersi in gioco dopo due anni molto complicati, cerchiamo di capire come stiano andando davvero le cose. L’economia e il pil italiano e’ fatto da molti fattori, ma il turismo e la ristorazione ne rappresentano una fetta importantissima. Il Italia infatti il 13% del pil viene espresso dal complesso delle attività legate al turismo. La sola fetta della ristorazione e hotellerie dà lavoro a circa 800 mila persone, con un’età media giovane: il 60% ha meno di 40 anni e il 70% delle persone sono assunte a tempo indeterminato. Questo secondo i dati del Centro studi Fipe ed elaborazioni Istat.
Nel mondo della ristorazione lavorano circa 330 mila persone. Attualmente però in Italia mancano all’appello 39.760 camerieri, 21.530 baristi, 22.710 chef e 4.810 pizzaioli, sempre secondo recentissimi studi. Domanda e offerta non si parlano. L’offerta è poco professionalizzata o non ha grande abnegazione? La domanda è poco allettante in termini di crescita, prospettive e salari? Intanto a livello formativo, le notizie non sono buone. Gli istituti alberghieri non stanno andando bene: dopo il boom degli anni d’oro di masterchef, oggi abbiamo la metà delle iscrizioni di 5 o 6 anni fa: solo 34 mila ragazze e ragazzi hanno scelto questo percorso di studi. Le cose devono cambiare, presto e speriamo bene. Ma come?
Ne abbiamo parlato con Mimmo Caruso, punto di riferimento per il mondo della ristorazione in Italia e co founder di Libra Soluzioni, azienda che reinventa locali, botteghe, ambienti di grandi hotel. Per capirci, una azienda italiana che organizza spazi e cucine di grandi chef come Antonino Cannavacciuolo. Caruso è un albese di origini partenopee, ha lavorato a lungo con Oscar Farinetti dai tempi di UniEuro “Un maestro per me, un imprenditore che lavora con intelligenza, sorriso e cuore” e si definisce una specie di signor Wolf: “Risolvo problemi”.
Ma si riparte o no? “Si’, con alcune difficolta’ oggettive, come il problema della mancanza di personale. Ma è importante ripartire e farlo con intelligenza. Pensare a cosa stiamo offrendo ai clienti. Molti lo hanno capito. Vogliono fare un salto di qualitá. La pandemia ha insegnato che le persone ormai cercano grande qualitá e informalitá. Anche se c’è voglia di vivere e provare a godere dei piccoli grandi piaceri della vita, gli standard sono oggi più alti. É giusto saperlo e agire di conseguenza.”
Una strada da comprendere, occorre affinare il tiro. “Non possiamo più permetterci bassa professionalità nel mondo della ristorazione e del turismo. Siamo tutti molto più esigenti. Ed è giusto che così sia.” E aggiunge “Il salto di qualità serve a tutto il Paese: noi non produciamo telefonini, magari li produrremo in futuro, ma intanto siamo bravi in cose diverse: ristorazione e hotellerie, sono nostre punte di diamante. Abbiamo territori dalle bellezze uniche, dalle Langhe-Roero fino al Lazio, da Napoli al Salento, le zone che conosco meglio, in cui tocco con mano la vitalità di molti imprenditori ed imprenditrici .” Del resto se si punta una fetta rilevante del pil sul turismo e sulla bellezza, tutto ciò che accompagna questo connubio deve essere impeccabile.
Torniamo alla questione del personale che manca all’appello, nonostante due anni di pandemia. Come se lo spiega? “Pesano molto le incertezze e la difficoltá a trovare personale qualificato o anche solo disponibile. E questo in un Paese come il nostro é incredibile: un problema serio che andrebbe affrontato da tutti con urgenza. Siamo alla vigilia della stagione estiva che, per tutto il mondo della ristorazione, è l’età dell’oro. Molti mi chiamano affranti perché non riescono a trovare personale. Intanto per fortuna nascono addirittura start-up innovative come ad esempio la Restworld HR, che in poco tempo ha messo su più di 40.000 curricula attivi con un bacino di quasi un migliaio di aziende tra ristoranti, bar, hotel. Sono andato a trovarli poco tempo fa nell’incubatore di imprese del Politecnico di Torino e stanno facendo un lavoro utilissimo.”
Caruso precisa: “Non credo che, come alcuni dicono, il punto sia il reddito di cittadinanza. Forse in parte sì. Ma è una discussione troppo facile messa cosi’. Penso che occorra mettere tutto a sistema e individuare una strada per l’economia italiana che incoraggi l’imprenditoria a fare bene, ad alzare la qualità, a professionalizzare di piu’, con tutti i vantaggi del caso: per chi viene assunto, che avra’ una professione (non solo un lavoro) con un salario piu’ alto e per l’azienda che aumentera’ il proprio prestigio e anche il fatturato.”
Nel turismo e anche nella ristorazione si lavora stagionalmente, mordi e fuggi, con una ricerca di risorse umane basata sul passaparola, senza grandi ambizioni di qualità o durata ne’ dal lato della domanda, ne’ su quello dell’offerta. Questo e’ veramente un peccato, uno spreco. Ed è un problema non conosce divisioni nord o sud: é cosí dappertutto. “Occorre trovare soluzioni pratiche. Ci vuole formazione. Non si puo’ pensare che istituti tecnici alberghieri siano parcheggi per chi non ha voglia di fare o studiare. Dovrebbe essere il contrario. Qualcosa si muove, ma siamo in ritardissimo. E le imprese ne soffrono. Ne soffre anche l’occupazione. E non possiamo permettercelo.”
Intanto però c’è bisogno di far capire ai giovani e meno giovani che un percorso nel mondo della ristorazione non è solo “qualche soldo in tasca in piu’ in estate con turni faticosissimi o al contrario un training passeggero per partecipare a Masterchef (programma che adoro, sia ben chiaro!).” Un ragionamento simile vale anche per gli hotel, ancora piu’ toccati dalla crisi e da chiusure, dove le possibilità di imparare e di crescere sono ancora piu’ diversificate.
“Si puo’ imparare, fare accoglienza, fare il cameriere di livello, diventare maitre di sala, cuoco o cuoca, chef; si può diventare manager di hotel, direttore, si può esser bravi nell’amministrazione, si puo’ studiare come fare impresa da vicino, sporcandosi prima le mani con cose molto pratiche. Da Napoli a Roma, dal Salento alle Langhe e Roero, io aspetto tante ragazze e ragazzi che abbiano voglia di cambiare le cose e imparare. Ce ne è per tutti e tutte.”
