Test nucleari, escalation verbali: Trump minaccia, per Putin è la solita isteria occidentale

È una strana (e pericolosa) escalation quella in corso tra Russia e Stati Uniti sul nucleare. Dopo i test russi del missile Burevestnik e del drone Poseidon, Donald Trump è stato chiaro: anche Washington avrebbe ripreso con le prove del suo arsenale atomico. Vladimir Putin ha risposto ordinando alle sue forze armate di prepararsi all’eventualità dei test. E ieri è intervenuto di nuovo il presidente degli Stati Uniti, che ha ricordato che gli Usa “possiedono più armi nucleari di qualsiasi altro Paese” e ha annunciato che “considerati i programmi di test condotti da altri Paesi” ha dato incarico al Pentagono, quello che ora si chiama il Dipartimento della Guerra, “di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria”.

Trump e il piano per la denuclearizzazione

Dopo poche ore, è stato però lo stesso Trump a smorzare i toni, paventando addirittura l’ipotesi di un piano per la denuclearizzazione che avrebbe coinvolto Stati Uniti Cina e Russia. “Forse stiamo lavorando a un piano per la denuclearizzazione, tutti e tre. Vedremo se funzionerà” ha suggerito il tycoon. E queste parole, apparentemente in controtendenza rispetto agli avvertimenti sui test atomici di The Donald, sembrano aprire la strada a un percorso di riavvicinamento tra le superpotenze. La situazione appare poco chiara. Anche perché il Cremlino, dopo i recenti test dei vettori che possono trasportare testate nucleari, ha fatto capire di assecondare la diplomazia muscolare del tycoon ma ha anche di non volere ulteriori escalation. Da Mosca, il portavoce presidenziale, Dmitry Peskov, ha detto che “in Occidente si sono allarmati in modo strumentale”. Parlando delle dichiarazioni di Putin sul valutare le fattibilità sulla ripresa dei test nucleari, Peskov è stato netto. “Questa è la continuazione della reazione piuttosto emotiva, eccessivamente emotiva, dei media occidentali” ha detto il portavoce, “molti non esitano a distorcere semplicemente il significato di ciò che è stato detto, e tutto ciò è coerente con questa isteria militarista anti-russa che sta attualmente imperversando nei paesi dell’Europa occidentale”.

Ma le preoccupazioni occidentali non si basano solo sulle ultime frasi di Putin. La Russia ha più volte usato la leva delle minacce nucleari anche per avvertire l’Ucraina e i suoi partner atlantici. La decisione di spostare armi atomiche in Bielorussia è un dato di fatto ormai consolidato. E il test del Burevestnik non è certo casuale, visto che quel missile a propulsione nucleare serve anche (se non soprattutto) a trasportare testate in grado di colpire qualsiasi obiettivo sulle superficie terrestre. Proprio per questo motivo, sia Washington che Bruxelles non hanno preso sottogamba le ultime mosse di Putin. E ieri, anche l’Unione europea è intervenuta chiedendo alla Russia e a tutti gli attori coinvolti, ovvero gli Stati Uniti, di interrompere questa inquietante escalation verbale su nuovi possibili test atomici.

Uno scenario che riporterebbe le lancette della Storia indietro di oltre 30 anni, ricordando il periodo della Guerra Fredda (ma in un mondo con molte più variabili e potenze). L’Ue “esorta la Russia a rinunciare alle minacce nucleari e tutti gli attori a evitare qualsiasi azione che possa innescare una nuova corsa agli armamenti, poiché questo comportamento mina la stabilità globale e i progressi faticosamente ottenuti nella riduzione delle armi nucleari dalla fine della Guerra Fredda” ha detto ieri il portavoce per gli Affari Esteri dell’Ue, Anouar el Anouni. Da Bruxelles è arrivato poi un ulteriore monito sul rispetto del Trattato di non proliferazione nucleare. Ma i “falchi” del Cremlino, a partire dall’ex presidente Dmitry Medvedev, sono già in agguato. E il pericolo è che un aumento delle tensioni serve anche in chiave di destabilizzazione delle opinioni pubbliche europee. Un progetto a lungo termine su cui ieri è intervenuto anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, secondo cui Russia, Cina e altre forze (Corea del Nord e Iran in primis) si preparano a un “lungo confronto”.