Tour de France 2023, sfida fra il Cannibale e il Robot

Negli stessi giorni in cui Matteo Berrettini ritrovava vigore sull’erba di Wimbledon, superando di slancio Sonego, de Minaur e Zverev, proiettandosi così agli ottavi di finale, sulle strade del Tour de France andava in scena lo scontro frontale tra Tadej Pogačar e Jonas Vingegaard. Un autentico spettacolo, una lotta tra campioni, senza tatticismi, accesissima. Del resto, quella di quest’anno è una signora Grande Boucle, che si è rivelata subito bellissima, partita a piena velocità dai paesi Baschi, con un ritmo infernale sin dalle prime tappe verso la magica San Sebastian. Il Tour si è poi immediatamente proiettato, una volta rientrato in Francia, nell’arena infuocata dei Pirenei, dove i ciclisti non hanno indugiato un solo secondo a darsele di santa ragione. Sicché, dopo la prima settimana i volti dei corridori mostrano già i segni di una fatica immane, come se avessero pedalato per mesi.

Al Tour dello scorso anno il cannibale Pogačar, che molti reputano il ciclista più forte e completo dai tempi di Eddy Merckx, aveva conosciuto per la prima volta la sconfitta, per opera del danese Vingegaard, un tipo tosto, già arrivato secondo al Tour 2021, dietro lo stesso Pogačar. Lo sloveno era apparso improvvisamente vulnerabile, con una squadra debole, ripetutamente stordito dai colpi di Vingegaard, ben sostenuto dal suo fortissimo team della Jumbo-Visma, composto da fuoriclasse come il belga Wout Van Aert, un vero cavallo selvaggio della bicicletta, e l’americano Sepp Kuss, scalatore fortissimo, uno che se corresse in proprio, e non come gregario di lusso, sarebbe certamente in grado di competere per il podio in uno qualunque dei grandi giri.

Quest’anno si sono presentati al Tour tutti gli stessi grandi protagonisti del 2022. Da una parte Pogačar, alla ricerca di una immediata rivincita, con il suo team, la UAE Emirates, un pò irrobustito ma nemmeno tanto. Dall’altra Vingegaard e il suo squadrone ben oliato pronti a fare il bis. E per dimostrare che non scherzava, il danese, quasi scientificamente, aveva messo in mostra al Giro del Delfinato che tradizionalmente precede di poco il Tour una prova di forza che aveva ammutolito tutti, vincendo in modo perentorio la classifica finale.

Pogačar aveva iniziato il 2023 da par suo, vincendo in successione Giro delle Fiandre, Parigi-Nizza, Amstel Gold Race e Freccia Vallone, con una dimostrazione di potenza e continuità impressionante, davvero alla Merckx. Poi però era malamente caduto alla Liegi-Bastogne-Liegi (che aveva già fatto sua nel 2021), rompendosi lo scafoide e il semilunare del polso. Sicché il cannibale è arrivato all’appuntamento del Tour dopo un periodo di convalescenza e riposo con poche competizioni alle spalle, a parte il campionato sloveno. Due campioni davvero molto diversi, Pogačar e Vingegaard. Il primo corre praticamente tutto l’anno, dal 1° di gennaio al 31 dicembre, per vincere tutto ciò che può. Il secondo invece sembra un robot: è uno scalatore straordinario, programmato alla perfezione per far sua la gara ciclistica più importante del mondo, il Tour. Dunque, che cosa può succedere quando un siffatto perfetto robot tenta lui di divorare il cannibale, come è già riuscito a fare lo scorso anno? E che ci si può aspettare da un cannibale che rischia di essere nuovamente divorato? Ne salta fuori un Tour de France proprio come quello di quest’anno, senza esclusione di colpi, semplicemente avvincente e meraviglioso, che sta tenendo inchiodati davanti alla TV milioni di appassionati del ciclismo in ogni continente.

Nelle prime nervose tappe basche Pogačar ha subito stuzzicato Vingagaard con dei colpi di fioretto, rosicchiandogli qualche secondo e abbuono sin dalla prima dura frazione da Bilbao, quasi per far capire al danese che quest’anno sarebbe stato tutto diverso dall’anno scorso. Ma poi, nella prima tappa pirenaica, con il duro Col de la Marie Blanque, è successo il patatrac. Sotto i colpi di Vingegaard, che ha anche frantumato il record di scalata del colle, Pogačar è crollato ed è arrivato al traguardo di Laruns con oltre un minuto di ritardo, nella tappa vinta dal combattivo australiano Jay Hindley, vincitore del Giro d’Italia 2022, che ha conquistato la maglia gialla per un giorno. Secondo all’arrivo il nostro bravo Giulio Ciccone. Subito in tanti si sono chiesti: che sta succedendo a Pogačar? Sembrava riproporsi lo stesso copione dello scorso anno, con il cannibale che rischiava di essere di nuovo divorato dal robot danese. Niente di tutto questo. Il giorno dopo, infatti, il campione sloveno si è preso subito una sonante rivincita nella tappa regina dei Pirenei, quella del Tourmalet, dove sono state scritte pagine leggendarie della storia della Grande Boucle.

I colli pirenaici sono affascinanti e ogni cicloamatore che abbia avuto la fortuna e la forza di percorrerli ha potuto sognare per un attimo di essere un campione e magari di essere in fuga in una tappa del Tour. Il Col d’Aspin, salendo dalla cittadina ridente di Arreau, passa dai primi facili tornanti protetti dall’ombra delle piante alle successive assolate pendenze che portano al valico, da cui si scorge in lontananza il Pic du Midi de Bigorre e il Col de Tourmalet. Quest’anno i corridori, superato l’Aspin, scalano il Tourmalet dal versante di Sainte-Marie de Campan, che è meno bello, paesaggisticamente parlando, rispetto all’altro versante da Luz Saint-Saveur, molto più aperto e spettacolare. La tappa si infiamma nei pressi della stazione sciistica di La Mongie. Vingegaard e Kuss scattano imperiosi ma questa volta Pogačar tiene loro testa e non perde terreno. Sull’ultima salita della tappa, quella di Cauterets-Cambasque, in tanti si aspettano che Vingegaard assesti il colpo definitivo ai danni di un Pogačar che resiste ma che sembra tornato vulnerabile come nel 2022. Invece no. Il cannibale torna a mordere, scatta improvvisamente in faccia a un Vingegaard che pare esausto e va a vincere la tappa recuperando circa mezzo minuto in classifica al danese, che diventa maglia gialla ma che comincia a sentirsi non più invincibile. Non solo. Pogačar precede di qualche secondo Vingegaard anche tre giorni dopo, sulla tremenda salita finale dello zuccotto erboso del Puy de Dome, alle spalle della fuga di giornata e del vincitore Michael Woods. Una tappa davvero massacrante, quella di domenica 9 luglio, dove abbiamo visto arrivare al traguardo campioni come Romain Bardet stremati alla stregua di ciclisti della domenica.

Il Tour de France 2023 è ancora molto lungo, mancano ancora due settimane alla fine. Parigi è lontanissima e stanno arrivando le Alpi, dove la sfida tra il cannibale sloveno e il robot vichingo continuerà fino all’ultima goccia di sudore. Staremo a vedere chi dei due si mangerà l’altro.