Gli uffici legislativi, quelli che leggono le bozze dei decreti prima degli altri, li hanno già ribattezzati. Il decreto “ciao-ciao spending” e il decreto “arrestiamoli tutti”. Si riferiscono al decreto Sud e al decreto contro le baby gang che saranno votati stamani in Consiglio dei ministri convocato alle 12.30. Prima del previsto che poi la premier deve volare al G20 indiano.
Archiviate la cena del “ritorno a scuola” dei 200 Fratelli parlamentari – martedì sera a Colle Oppio, note particolari i mal di pancia per l’accentramento di potere nel dream team guidato dalle due sorelle Giorgia e Arianna e dai due sottosegretari Fazzolari e Mantovano – e l’apericena di maggioranza a palazzo Chigi al grido “volemose bene ma col coltello tra i denti”, l’esecutivo riparte da dove aveva iniziato un anno fa: un decreto manette. Un anno fa fu il decreto rave. Oggi è quello contro il degrado giovanile dove la ricetta quasi unica, inseguendo la cronaca e cercando soluzioni semplici a problemi complessi, è: più carcere per tutti, dai 14 anni in su, genitori compresi.
Il decreto “Caivano” nasce infatti dai fatti di cronaca di queste settimane che tra Palermo e Napoli hanno un fattore comune: giovani e giovanissimi che delinquono, sparano, uccidono, stuprano. Per carità, in certe periferie la situazione è talmente fuori controllo che servirebbe l’esercito per tentare di salvare il salvabile. Il governatore della Campania Vincenzo De Luca lo ha invocato come unico rimedio alla delinquenza. Ma la bonifica e il recupero di certe aree è un percorso lungo e difficile, richiede risorse, pazienza e anche un po’ fantasia. Di sicuro accanto alla repressione serve cultura, presenza, educazione, serve offrire modelli alternativi. Un euro in sicurezza e uno in cultura, è stato l’approccio dei governi Renzi e Gentiloni. Nei 14 articoli del decreto si trova molta repressione e pochissima cultura.
Tanto per cominciare c’è tanto carcere e pene aumentate anche per chi ha 14 anni e aumentano i casi in cui si possano fermare i minori colti in flagranza di reato. Sono previste pena alternative al carcere e lavori socialmente se c’è la garanzia di poter effettuare questo percorso. Dopo sei mesi sarà il giudice a valutare se estinguere il reato o andare avanti con l’esecuzione della pena alternative. L’ammonimento del questore, davanti al genitore, può avvenire anche dai 12 anni in su.
Ci sono anche alcune trovate creative: ad esempio saranno vietati l’uso e il possesso di cellulare, computer e altri device ai giovani anche di 14 anni se già condannati, anche in via non definitiva, per delitto contro la persona, il patrimonio, possesso di armi e droga. In pratica mezza Napoli under 16 senza telefonini. La domanda però sorge subito spontanea: chi potrà mai controllare l’osservazione del divieto? Bene l’aumento delle multe per i genitori che non vigilano sui percorsi scolastici dei figli: anche qui fino a due anni di carcere e fino a mille euro di multa.
La prevenzione è nelle mani della scuola – è previsto anche un Osservatorio sulle devianze minorili e un Fondo contro la dispersione scolastica – a cui vengono assegnati 32 milioni in tre anni per avere più docenti (ma non si parla ad esempio di assistenti sociali): sei milioni e mezzo nel 2023; 16 milioni nel 2024 e 9,6 milioni nel 2025. Una somma da distribuire in tutte le regioni del Sud.
Questo pacchetto ha il sapore un po’ stantio della propaganda visto che non può neppure iniziare a risolvere il problema delle periferie dove, ad esempio, servirebbe una scuola e un doposcuola obbligatori fino a 18 anni, sette giorni su giorni comprensiva di sport, cinema, teatro, educazione civica. Una scuola a tempo pieno che si sostituisca a famiglie inesistenti quando non già terminali e soggetti di malaffare. Oppure dare soldi al terzo settore che a volte già riesce a fare miracoli. A Napoli e non solo.
Smuove mal di pancia anche l’altro decreto discusso ieri in preconsiglio, quello per il Sud e ribattezzato “ciao-ciao spending”. Qui la manovra è più raffinata e per addetti ai lavori. Partiamo col dire che al centro di tutto c’è il ministro Raffaele Fitto e le sue tre deleghe: Pnrr, Sud e Fondi di coesione europea. Nei 22 articoli del decreto si prevede che il ministro possa rafforzare la sua struttura con 2200 assunzioni. Articolo 20 della bozza: “Rafforzamento della capacità amministrativa degli enti territoriali e del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri”. Traduzione: 2.200 assunzioni nell’orbita di Raffaele Fitto, il ministro che ha la delega alle Politiche di coesione. Il problema è che il provvedimento arriva sul tavolo del governo mentre ieri sera Meloni ha chiesto a tutti i ministri di tagliare, tagliare e tagliare per fare cassa e trovare i soldi per tenere in piedi la legge di bilancio.
I neo assunti andranno a potenziare gli uffici delle Regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), ma anche dei Comuni e delle province di questi territori. Si occuperanno di politiche di coesione e di Pnrr. Tra questi, almeno settanta faranno base a Roma, al ministero, ed è stato aumentato lo stipendio da 30 a 50 mila euro l’anno. Il totale della spesa è pari a 572 milioni. In pratica un terzo della spending review di quest’anno che dovrebbe tagliare un milione e mezzo di spese nei vari ministeri.
