Cinque assoluzioni e una condanna. Si conclude così il processo sulla tragica alla Solfatara di Pozzuoli del 12 settembre 2017 in cui persero la vita, uccisi dai gas della caldera, i coniugi veneziani Massimiliano Carrer e Tiziana Zaramella e il loro figlioletto Lorenzo. Si chiude con un verdetto che accoglie solo in parte la ricostruzione delle presunte responsabilità elaborata dalla Procura e manda assolti cinque dei sei imputati. A sei anni di reclusione è stato condannato Giorgio Angarano, legale rappresentante della Vulcano Solfatara srl, società a cui il giudice ha inflitto una multa da 172 mila euro disponendo la confisca dell’area. Assolti «per non aver commesso il fatto», gli altri soci: Maria Angarano, Maria Di Salvo, l’omonima Maria Di Salvo, Annarita Letizia e Francesco Di Salvo.
È stato escluso il concorso colposo nella negligenza e imperizia contestate dalla Procura nella gestione del sito vulcanico. Accolta, dunque, la tesi del pool difensivo, di cui hanno fatto parte il professor Vincenzo Maiello, gli avvocati Claudio Botti, Orazio Di Bernardo, Raffaele Longo, Gennaro Malinconico, Tommaso Scolarici. È in particolare sul ruolo e sulle responsabilità dei soci che si è giocato gran parte del processo. Il professor Maiello, in una dettagliata memoria difensiva, ha analizzato il tema della cooperazione colposa sia in termini di diritto sia nel merito dei fatti al centro del processo.
«Così delineato l’istituto – osserva il professor Maiello dopo aver analizzato in diritto la contestazione – appare evidente come esso non possa trovare applicazione nella vicenda in esame, dove il coinvolgimento integrato di tutti i soci-comproprietari nella gestione del sito della Solfatara non è imposto dalla legge e tantomeno da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio, trovando la conduzione del complesso immobiliare affidamento in via esclusiva alla società di capitale affittuaria, Vulcano Solfatara srl». «Per quanto piccola o “familiare” (volendo riprendere l’appellativo cui sono ricorsi nella requisitoria i magistrati del pubblico ministero) possa essere una società di capitali, resa netta sul piano giuridico la distinzione di posizioni e, quindi, – aggiunge Maiello – di ruoli e competenze tra lo status di socio e quello di amministratore».
Respinta anche l’ipotesi di una nesso causale tra il contributo che si contesta al singolo socio e il tragico evento al centro del processo. «L’importanza di tale accertamento – osserva il professor Maiello – appare ancora più pregnante se solo si considera che l’apertura della voragine, nella quale precipitava il piccolo Lorenzo Carrer e dove poi si sarebbero calati, nello slancio irrefrenabile dell’ancestrale sentimento di protezione genitoriale, il padre e la madre, era stata preceduta solo pochi giorni prima da fenomeni analoghi. In questa prospettiva – aggiunge – sarebbe stato doveroso chiedersi, ad esempio, come avrebbero potuto i soci-comproprietari, e specificamente Francesco Di Salvo che risiedeva e lavorava in luoghi distanti dal sito, avere conoscenza di una simile situazione di rischio, eventualmente connessa alle precipitazioni intervenute in quel breve lasso temporale».
Tra 90 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza. I familiari delle vittime, assistiti dallo Studio3A e dagli avvocati Alberto Berard, del foro di Padova, e Vincenzo Cortellessa, del foro di Santa Maria Capua Vetere, hanno già ricevuto un risarcimento economico.
