Sembra essere l’ordine esecutivo più irragionevole mai firmato da Trump. In realtà, rientra nelle procedure della sua diplomazia personalistica e affaristica. Siglato nella notte tra mercoledì e giovedì, il provvedimento prevede che gli Stati Uniti considereranno qualsiasi attacco contro il territorio, la sovranità o le infrastrutture critiche del Qatar come una minaccia per la pace e la sicurezza degli stessi Usa. Con questa mossa unilaterale, Trump salta a piè pari il Congresso, dove l’ordine avrebbe ricevuto l’alt anche da molti repubblicani, che non dimenticano le connivenze tra gli al-Thani, Hamas e i Fratelli musulmani. Oltre che la violazione dei diritti umani nell’Emirato.
Al Campidoglio c’è chi ha allargato le braccia come a dire: “Ci ha svenduti per un aereo da 400 milioni di dollari”. Ulteriori polemiche possono essere fatte riguardo i tempi. L’ordine esce in pieno Kippur, quando istituzioni e media del mondo ebraico-israeliano sono fermi. Gli attacchi, inquadrati nelle critiche che comunque una parte di Israele fa al piano di pace, sono stati evitati. Non si sono registrate, perlomeno in via ufficiale, le voci contrarie degli alleati arabi di Washington. Ma è probabile che nessuno, tra sauditi, giordani ed emiri del Golfo, abbia detto: “Ben fatto, Donald”. Scarsa moralità, conflitto d’interessi, poca coerenza con l’agenda Maga, voltafaccia agli alleati. Fa tutto parte del progredire incostante del presidente Usa che però, va detto, sta anche dimostrando quel pragmatismo necessario per realizzare un piano di pace così ambizioso.
Altrettanto sorprendente è l’assertività con cui Trump si è preso il Qatar sotto la sua ala protettiva. L’ordine esecutivo mostra un linguaggio simile alla clausola di difesa collettiva prevista dall’articolo 5 della Nato. Di cui notoriamente il Qatar non è membro. Anche se è bene ricordarsi che, già nel 2022, Biden aveva indicato Doha come il primo alleato Usa fuori dall’Alleanza atlantica. Al netto del conflitto d’interessi e della collera negli ambienti israeliani, il gesto può essere interpretato come un avvertimento. Mellifluo come dev’essere se rivolto ai principi del mondo arabo. La telefonata di Trump e Netanyahu all’emiro al-Thani, con il premier israeliano che si sarebbe scusato per il raid del mese scorso, può far pensare che l’ordine esecutivo adesso sia rivolto proprio a Israele. Della serie “basta colpi di testa”. Una cosa che, in questo momento, Israele non ha alcun interesse a fare.
La mossa adesso è di Hamas. Sono i terroristi che devono dire ok al piano. E siccome la testa pensante di Hamas è a Doha, Trump ha pensato bene di spedirvi un messaggio. Io ti proteggo. Ma posso anche smettere di farlo. La base militare Usa più grande del Medio Oriente è al-Udeid, in Qatar. Oggi c’è, domani chissà. L’ordine esecutivo rientra appunto nelle concessioni che Trump sta facendo all’emiro perché Hamas non faccia brutti scherzi. La sicurezza promessa fa il paio con la garanzia che, nel ricostruire Gaza, i soldi qatarini saranno i primi a essere investiti.
Donald Trump è grato dei lussuosi doni che gli sono arrivati. All’aereo c’è da aggiungere la concessione ottenuta dalla Trump Organization per costruire un golf resort di lusso proprio a Doha. Per riconoscenza si sta impegnando a rifare la verginità della famiglia al-Thani. Da Paese finanziatore del terrorismo lo sta riportando al tavolo delle relazioni internazionali come suo partner privilegiato. Tuttavia, il Qatar deve comportarsi bene. Se Hamas non dovesse accettare anche una sola virgola del piano di pace, l’emiro ne sarebbe responsabile.
