Sette tracce uguali per tutti gli studenti d’Italia. Inizia con la prova di Italiano la maturità 2025 di oltre 500mila studenti italiani, richiamati poco dopo le 8 del mattino in classe per iniziare gli esami di fine corso. Avranno a disposizione al massimo sei ore per consegnare il primo scritto. Tre le diverse tipologie di tracce: 2 analisi del testo, 3 tracce di testo argomentativo e 2 temi di attualità. Gli studenti avranno a disposizione al massimo 6 ore per finire il compito. Molto alta la percentuale di studenti ammessi: sono il 96,5%.
Maturità 2025, le tracce della prima prova
L’apertura dei plichi con la chiave telematica fornita dal ministero è arrivata poco dopo le 8:30.
Pasolini, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Paolo Borsellino, Piers Brendon, Riccardo Maccioni, Telmo Pievani, Anna Meldolesi e Chiara Lalli tra gli autori proposti.
Maturità 2025, la traccia sulla poesia di Pasolini
Traccia A1 sull’analisi del testo. Appendice I a “Dal Diario”, in Tutte le poesie tomo I
Mi ritrovo in questa stanza
col volto di ragazzo, e adolescente,
e ora uomo. Ma intorno a me non muta
il silenzio e il biancore sopra i muri
e l’acque; annotta da millenni
un medesimo mondo. Ma è mutato
il cuore; e dopo poche notti è stinta
tutta quella luce che dal cielo
riarde la campagna, e mille lune
non son bastate a illudermi di un tempo
che veramente fosse mio. Un breve arco
segna in cielo la luna. Volgo il capo
e la vedo discesa, e ferma, come
inesistente nella stanca luce.
E cosi la rispecchia la campagna
scura e serena. Credo tutto esausto
di quel perfetto inganno: ed ecco pare
farsi nuova la luna, e – all’improvviso –
cantare quieti i grilli il canto antico.
Il testo di Pasolini. Viene chiesto di presentare il contenuto della poesia, individuare figure di stile ricorrenti, individuare la relazione tra la vita della natura e del poeta, di riflettere sulla funzione della Luna nella poetica di Pasolini, e di trovare il significato attribuibile al canto dei grilli.
Maturità 2025, la traccia su Giuseppe Tomasi di Lampedusa e il Gattopardo
Tra le tracce di Tipologia A, ovvero l’analisi del testo, c’è un brano del ‘Gattopardo’ di Tommasi di Lampedusa. Gli studenti devono riassumerlo e rispondere ad una serie di domande, di individuare le differenti modalità.
Il brano è il seguente
«La prima visita di Angelica alla famiglia Salina, da fidanzata, si era svolta regolata da una regia impeccabile, e le comunicazioni lente ed astratte erano state perfette a tal punto che sembrava suggerito parole per parola dal “Galateo”. A fine di una settimana il soggiorno era terminato improvvisamente: nessuno dei presenti aveva potuto dire se la partenza di Angelica fosse stata imposta o decisa: il quale atto di suprema padronanza del meccanismo domestico lasciava tutti ammirati. La seconda visita, quella che ora si stava per compiere, era invece destinata ad essere ben diversa: la presenza di Tancredi, la sua intimità con Angelica, la loro reciproca indifferenza per il principio, che aveva presieduto la prima visita, avrebbero dato a questa un tono ben diverso: le soffici trine ricoperte di polvere, le poltrone imbottite di crine, i tappeti sbiaditi, i ritratti di famiglia, tutto avrebbe avuto un aspetto meno solenne, più umano, più caldo. Angelica era giunta, e la sua bellezza, la sua grazia, la sua intelligenza, la sua ricchezza, avevano fatto dimenticare a tutti la sua origine borghese. Don Fabrizio, che aveva sempre avuto un debole per la bellezza femminile, si sentiva già preso dal fascino di quella ragazza, e si era già affezionato a lei come a una figlia. Angelica si sentiva perfettamente a suo agio, e il suo affetto per Tancredi si rifletteva in una gentilezza particolare verso tutti i membri della famiglia. La principessa, che aveva accolto Angelica con una certa freddezza, si era lasciata conquistare dalla sua dolcezza e dalla sua vivacità. Solo Concetta, la figlia maggiore, continuava a guardarla con una certa diffidenza, ma anche lei, a poco a poco, si lasciava vincere dal fascino della nuova venuta. Si avvicinava così il momento della partenza, e tutti sentivano che quella visita aveva segnato l’inizio di una nuova epoca per la famiglia Salina. “Sono fatti che fanno epoca”, pensava don Fabrizio, e si sentiva un po’ più vecchio, un po’ più stanco, ma anche un po’ più sereno. “Zione”: Angelica lo chiamava così, e in quella parola c’era tutto l’affetto, tutta la riconoscenza, tutta la fiducia che la ragazza sentiva per lui. Don Calogero, il padre di Angelica, era soddisfatto: la figlia era stata accolta come una principessa, e lui stesso si era sentito trattato con rispetto e considerazione. Solo la moglie di don Calogero, una donna timida e riservata, era rimasta un po’ in disparte, ma nessuno sembrava farci caso. Don Calogero, per parte sua, si preoccupava di apparire sempre all’altezza della situazione, e per questo motivo, quando qualcuno gli chiedeva notizie della moglie, rispondeva con frasi vaghe e rassicuranti, senza mai entrare nei particolari. In realtà, la povera donna soffriva di una malattia cronica che la costringeva a vivere quasi sempre in casa, ma don Calogero preferiva non parlarne, per non suscitare compassione o imbarazzo.»
Attraverso le quali l’autore presenta i tre personaggi protagonisti, illustrare con precisi riferimenti i rispettivi atteggiamenti di Angelica e di Don Calogero nei confronti del principe di salina, di individuare in quale punto del brano e con quale accorgimento linguistico l’autore rende evidente che Don Calogero sta mentendo sulle reali condizioni della moglie
Maturità 2025, la traccia su Piers Brendon
Fa parte della tipologia B (Analisi e produzione di un testo argomentativo). Lo storico britannico Piers Brendon viene preso come spunto per le sue riflessioni sugli anni Trenta e il New Deal (“Gli anni trenta. Il decennio che sconvolse il mondo”). Gli studenti devono sintetizzare il contenuto, individuare le motivazioni, offrire riflessioni e argomentare.
Il testo
“Nella messa in pratica del New Deal, la prima preoccupazione del presidente era di intervenire sul cuore finanziario dell’intera questione: salvare le banche e ricominciare nuovamente a pompare denaro nel circuito mediante le arterie nazionali. Fu indetta una seduta speciale del Congresso e venne proclamata una chiusura delle banche a livello nazionale. Per alcuni giorni gli americani dovettero vivere di titoli cartacei, monete emesse da privati, banconote e monete straniere, gettoni telefonici, francobolli, tagliandi di sigarette, baratti e prestiti. Nel frattempo, dal momento che una nazionalizzazione delle banche era fuori discussione, si preparò una legislazione di emergenza […]. Si autorizzava il sostegno federale per le banche solide, mentre al contempo si autorizzavano gli ispettori governativi a controllare le altre banche e tenere chiuse quelle insolventi (un ulteriore provvedimento, firmato in giugno, garantiva i depositi bancari). Per contribuire al ripristino della fiducia, Roosevelt indisse una conferenza stampa (la prima delle circa 1.000 da lui tenute come presidente), impressionando a tal punto i giornalisti, grazie alla sua schiettezza e alla sua verve, che alla fine questi scoppiarono in un applauso. Tenne anche il primo dei suoi discorsi radiofonici alla nazione. Fu un tour de force, chiaro, disinvolto, diretto e condotto con una voce ipnotizzante esattamente al ritmo giusto. […] Il presidente concluse il suo discorso con queste parole: «Insieme non possiamo fallire». Quando le banche riaprirono i battenti, i depositi furono superiori ai prelevamenti di fondi. In aprile l’anemia finanziaria era scongiurata: più di un miliardo di dollari aveva abbandonato le scorte private per fare ritorno nelle camere di sicurezza delle banche”.
Viene chiesto di individuare le motivazioni che indussero Roosvelt ad affrontare la situazione di emergenza e di illustrare le difficoltà affrontate dai cittadini sia pure per alcuni giorni, di rispondere alla domanda ‘quale ruolo svolsero gli ispettori governativi’, e in che modo il presidente statunitense riuscì a infondere nel popolo americano la speranza di superare la crisi economica e sociale che aveva messo in ginocchio la nazione.
Maturità 2025, la traccia su Paolo Borsellino
Anche ‘I giovani, la mia speranza’, un messaggio del giudice Paolo Borsellino è una delle sette tracce fornite ai maturandi. Fa parte della tipologia C ovvero una riflessione critica di carattere espositivo argomentativi su tematiche di attualità.
Di seguito il testo
«Sono nato a Palermo e qui ho svolto la mia attività di magistrato. Palermo è una città che a poco a poco, negli anni, ha finito per perdere pressoché totalmente la propria identità, nel senso che gli abitanti di questa città, o la maggior parte di essi, hanno finito per non riconoscersi più come appartenenti a una comunità che ha esigenze e valori uguali per tutti. […] Sono stato più volte portato a considerare quali sono gli interessi e i ragionamenti dei miei tre figli, oggi tutti sui vent’anni, rispetto a quello che era il mio modo di pensare e di guardarmi intorno quando avevo quindici-sedici anni. A quell’età io vivevo nell’assoluta indifferenza del fenomeno mafioso, che allora era grave quanto oggi. […] Invece i ragazzi di oggi (per questo citavo i miei figli) sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo. E questa è la ragione per la quale, allorché mi si domanda qual è il mio atteggiamento, se cioè ci sono motivi di speranza nei confronti del futuro, io mi dichiaro sempre ottimista. E mi dichiaro ottimista nonostante gli esiti giudiziari tutto sommato non soddisfacenti del grosso lavoro che si è fatto. E mi dichiaro ottimista anche se so che oggi la mafia è estremamente potente, perché sono convinto che uno dei maggiori punti di forza dell’organizzazione mafiosa è il consenso. È il consenso che circonda queste organizzazioni che le contraddistingue da qualsiasi altra organizzazione criminale. Se i giovani oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo consenso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggiamento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saranno questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima. È questo mi fa essere ottimista.»
Viene chiesto di riflettere come studente come cittadino sul significato profondo del messaggio del giudice, e sul valore che esso può avere per i giovani in particolare per quelli della generazione dei maturandi. Si chiede di articolare un elaborato in paragrafi titolati e presentarlo con un titolo comprensivo che ne esprima sinteticamente il contenuto
Maturità 2025, la traccia su Riccardo Maccioni
Fa parte della tipologia B (Analisi e produzione di un testo argomentativo), e lo scritto del giornalista riguarda una riflessione sulla parole Rispetto, ovvero la parola dell’anno Treccani.
Il testo è il seguente
«Una parola che esprime attenzione, gusto dell’incontro, stima. Che anche quando urta contro storie diverse, valori opposti, non alza il filo del discorso, ma sembra voler prendere le distanze dal “parlare sopra”. Una scelta di campo, insomma. Ecco perché la parola “rispetto” sarà regina del 2024. Una decisione condivisa da Treccani e dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nell’ambito del progetto “Le parole valgono”, che ogni anno individua un termine capace di raccontare il Paese e il suo tempo. Un modo per riflettere su ciò che siamo e su ciò che vorremmo essere. Il rispetto, infatti, è la base della convivenza civile, il fondamento di ogni relazione umana. Senza rispetto non c’è dialogo, non c’è ascolto, non c’è crescita. Eppure, mai come oggi, questa parola sembra smarrita, dimenticata, calpestata. Lo sottolineano anche i linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, referenti scientifici, coordinatori di tale vasto repertorio lessicale: “Il rispetto è la parola che più di ogni altra esprime la necessità di ritrovare, consolidare e coltivare la coesione sociale”.
Ma il rispetto non è solo una questione di buone maniere o di semplice tolleranza. È un atteggiamento profondo, un modo di essere, di relazionarsi, di abitare il mondo in modo responsabile. Significa riconoscere la dignità dell’altro, accettare le differenze, dialogare senza prevaricare, ascoltare senza giudicare. Il rispetto è la base della democrazia, della libertà, della giustizia. Non si può parlare di società civile senza rispetto. E non si può insegnare il rispetto senza testimoniarlo con la propria vita.
Rispetto per le idee, rispetto per le persone, rispetto per l’ambiente e per i beni comuni, rispetto per le istituzioni, rispetto per la memoria, rispetto per la storia. Un rispetto che non si limita alle parole, ma si traduce in gesti concreti, in comportamenti quotidiani, in scelte responsabili.
Rispetto è anche affermare il senso e il valore delle regole, che alimentano la giustizia guardando di nuovo, superando l’inerzia, rifiutando la rassegnazione. Il rispetto è la stella polare della convivenza, il collante che tiene insieme la comunità. Senza rispetto, tutto si sfalda, tutto si perde. Per questo, oggi più che mai, è necessario riscoprire il valore del rispetto, educare al rispetto, praticare il rispetto. Solo così potremo costruire una società più giusta, più umana, più solidale. Solo così potremo restituire senso e dignità alla nostra vita e alla medesima lingua umana.»
Viene chiesto di riassumere il contenuto del testo, di indicare con quali argomenti l’autore sostiene l’importanza del rispetto, e di riportare gli esempi più significativi di come parole e atteggiamenti quotidiani neghino il rispetto, di individuare quali sono gli atteggiamenti concreti per opporsi alla mancanza di rispetto
Maturità 2025, la traccia su Telmo Pievani
Fa parte della tipologia B (Analisi e produzione di un testo argomentativo), “Un quarto d’era (geologica) di celebrità”. Il brano riflette sull’impatto ambientale della nostra civiltà e sulla cementificazione del territorio. I maturandi sono invitati a sintetizzare il brano, rispondendo poi ad una serie di domande.
Di seguito il testo
«I nostri successori studieranno l’Antropocene e capiranno il vicolo cieco in cui ci siamo infilati. […] Le firme sedimentane dell’attività umana negli ultimi decenni delNovecento sono tali e tante che ancheil più tonto dei geologi del futuro non potrà non vederle. […] Quanto pesano tutti gli oggetti del mondo? Sembra la domanda disarmante di un bambino e invece adesso è diventata, grazie ai big data, una curiosità scientifica piena di significati.
[…] Immaginate tutto ciò che l’umanità ha prodotto e costruito: tutti gli edifici sulla terra, tutte le strade, treni aerei, navi auto, camion moto biciclette e ogni altro mezzo di trasporto, le fabbriche, le macchine. Ora aggiungete le suppellettili e gli arredi, gli strumenti i telefonini, i computer, le stoviglie, i vetri, gli infissi, la carta di questa rivista. Insomma, prendete la tecnosfera materiale nella sua globalità, costituita da ogni artefatto umano distribuito sulla superficie terrestre, e mettetela su una bilancia. Vi verrà fuori un numero, stratosferico. L’unità di misura adatta all’impresa è la teratonnellata, cioè mille miliardi di tonnellate. Ed ecco il numero fatidico: tutte le cose umane, dai grattacieli agli apriscatole, ed esclusi i rifiuti, nel 2020 hanno raggiunto il ragguardevole peso di 1,1 teratonnellate, ovvero mille e cento miliardi di tonnellate.
Questa è la dimensione dell’immane flusso materiale che sta alla base del metabolismo attraverso il quale l’umanità incessantemente trasforma in prodotti ed energia le materie prime presenti in natura. Se scomponiamo l’insieme di tutti i manufatti umani e vediamo di cosa sono fatti, scopriamo che il calcestruzzo e gli aggregati di ghiaie e sabbie la fanno da padrone, seguiti dai mattoni, poi dall’asfalto, dai metalli e infine da plastiche, vetro e legno usato in industria. I ricercatori hanno anche calcolato gli andamenti della massa antropogenica dall’anno 1900 in poi. La curva si impenna dopo la fine del Secondo conflitto mondiale, appunto, quando la “grande accelerazione” della ricostruzione gettò le basi del benessere dei paesi industrializzati, ma al prezzo di un enorme consumo di suolo e di risorse.
[…] Con tecniche analoghe si può calcolare anche la massa complessiva degli esseri viventi sulla Terra, cioè la biomassa. Ebbene, il valore complessivo di quest’ultima è 1,1 teratonnellate, millecento miliardi di tonnellate: esattamente come la massa antropogenica! Ciò significa che proprio nel 2020 la somma degli oggetti umani ha eguagliato tutto il resto della vita messo insieme. E pensare che agli inizi del Novecento le cose umane valevano il 3 per cento rispetto al peso degli esseri viventi. Quindi noi umani, che contribuiamo solo per lo 0,01 per cento alla biomassa globale, abbiamo riempito il mondo di 1,1 teratonnellate di cose. Questa è l’impronta schiacciante dell’Antropocene. Senza una rapida transizione del sistema economico mondiale verso modelli circolari, la massa antropogenica continuerà a raddoppiare ogni vent’anni, sfuggendo al controllo. Nel nostro geologico quarto d’ora di celebrità, ci siamo fatti notare.»
Viene chiesto di sintetizzare il brano evidenziando il punto di vista dell’autore sull’Antropocene e sul ruolo umano in questo periodo geologico, di illustrare il significato dell’espressione vicolo cieco in cui siamo infilati. Di rispondere alla domanda su quali esempi l’autore fornisca per descrivere l’insieme della techno sfera materiale, e infine di rispondere alla domanda a cosa si riferisce l’autore quando usa l’espressione ‘geologico quarto d’ora di celebrità’.
Maturità 2025, la traccia su Anna Meldolesi e Chiara Lalli
La seconda traccia del tema di attualità – tipologia C – riflette sulle piattaforme di social media, soffermandosi sul fatto che vi proliferano contenuti pensati per scatenare il sentimento dell’indignazione e che, proprio a causa di questo, finiscono per saturare la nostra capacità di indignarsi. Il tutto a partire da un testo di Anna Meldolesi e Chiara Lalli – ”L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa” –
Di seguito il testo
“L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa? Una nuova ricerca, pubblicata su Science, dimostra che questa reazione emotiva accompagna spesso contenuti discutibili e che chi si scandalizza davanti a una presunta ingiustizia non perde tempo a cliccare sui link, per approfondire e verificare. Così, visto che la mente umana può esprimere giornalmente solo un tot di rabbioso disgusto, finiamo per sprecarlo su questioni irrilevanti per ignorare invece i temi che davvero meriterebbero la nostra irritazione”.
Viene chiesto di utilizzare le proprie esperienze e conoscenze e di riflettere su questa rilevante caratteristica dei social.
