Ucraina, danneggiati gli uffici della UE e del British Council. Putin colpisce il cuore dei volenterosi pro-Ucraina

GLI ATTACCHI RUSSI DANNEGGIANO L'EDIFICIO DELLA DELEGAZIONE UE A KIEV GUERRA DISTRUZIONE MISSILI EUROPEA

Putin non può portare la guerra in Europa. Può però portare l’Europa nel cuore della guerra. È questa la chiave di lettura da dare all’attacco contro la sede della delegazione dell’Unione europea a Kyiv. Gli uffici sono stati coinvolti in un raid di maggiori dimensioni, mirato a colpire la popolazione di una Capitale ucraina che era fuori bersaglio da tempo. Tra le 18 vittime dell’incursione – di queste, 3 minorenni di 2, 14 e 17 anni – non si conta alcun funzionario Ue. L’ambasciatrice, Katarína Mathernová, ci ha tenuto a dire che le intimidazioni non porteranno all’abbandono del suo posto di prima linea. Tanto più che solo l’edificio è stato colpito.

Il colpo è stato basso, però. Subito nella mattinata di ieri si è innescato il treno di condanne. Von der Leyen, Costa e Metsola, la triplice leadership europea, si è detta «inorridita» per quanto successo. «Una scelta deliberata di aumentare la tensione e deridere il processo di pace in corso», ha detto Kaja Kallas, numero uno della diplomazia Ue. Macron e Starmer hanno aggiunto che Putin preferisce «uccidere bambini e civili e sabotare le speranze di pace».

Il Cremlino ha ben calcolato tempi e ripercussioni politiche. L’attacco è partito nello stesso giorno della conferenza di Copenaghen dei ministri Ue della Difesa. Quasi a screditare i governi Ue e a metterli davanti al fatto compiuto di essere a mani nude. Qualora si dovessero ripetere raid del genere, cosa potrebbero fare? Dal summit danese è emersa, infatti, la necessità di aumentare il contributo di forniture militari all’esercito ucraino. Va bene. Ma non basta. Se Bruxelles fosse in una posizione di forza, la reazione dovrebbe andare oltre le dichiarazioni. A un colpo di cannone si risponde con qualcosa di più della formale convocazione del delegato russo a Bruxelles, come ha fatto Kallas. Il problema è che l’Ue non ha gli strumenti operativi per reagire sul campo. Il coinvolgimento in un’operazione di guerra di una sede diplomatica di uno Stato neutrale va contro la Convenzione di Vienna del 1963, che garantisce l’inviolabilità delle sedi consolari. Il fatto che a ricordarlo non sia stato un funzionario Ue, bensì il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, fa capire quanto sia più importante l’Europa per Kyiv rispetto al contrario. O meglio, quanto nella maggior parte dei Paesi europei quella in Ucraina è ormai una guerra lontana, di cui si sta parlando da troppo tempo e senza risultati.

«La capacità di resistenza del popolo ucraino è fuori dal normale. Si vive nei rifugi la notte. La mattina si va a lavorare», dice Yuri Previtali, il combattente volontario italiano, da poco tornato in Ucraina e raggiuto al telefono. Tuttavia, a questo atteggiamento da “business as usual”, che rimanda alla Battaglia d’Inghilterra, si stanno affiancando collera, stanchezza e paura. Consapevole del clima sul campo, Putin ha voluto colpire quello che è l’unico alleato dell’Ucraina e della sua popolazione. Non a caso, nel raid è stato centrato anche il British Council, la voce culturale di Londra nel mondo. Una punizione ai volenterosi. Non solo perché forniscono armi, ma perché sono lì. Al fronte.

Chiuso il bilancio dei vetri infranti e delle scrivanie sfasciate, von der Leyen ha preso il telefono per chiamare prima Zelensky, poi Trump. «Putin deve sedersi al tavolo dei negoziati. Dobbiamo garantire una pace giusta e duratura per l’Ucraina con garanzie di sicurezza solide e credibili che trasformino il Paese in un porcospino d’acciaio», ha detto, prima di partire per un tour che si chiuderà lunedì tra Finlandia, Estonia, Lituania, Lettonia e Polonia. Paesi confinanti con la Bielorussia. E dopo ancora Romania e Bulgaria. L’intento è far sentire la vicinanza delle istituzioni Ue a quei governi che i venti di guerra li sentono soffiare per davvero. Poi sarà la volta del 19esimo pacchetto di sanzioni. Il documento non ufficiale con i dettagli delle misure sta circolando già da qualche giorno. Dopo l’attacco di ieri, se ne prevede una revisione, prima di essere discusso in maniera formale. Sfiancare l’economia russa è una goccia cinese utile. Ma non è l’arma letale che serve ora.