Ue e Nato a corto di munizioni, troppe richieste e il serio rischio di essere dipendenti da potenze esterne

German soldiers walk beside tank howitzers prior transport to Lithuania at the Bundeswehr army base in Munster, northern Germany, Monday, Feb. 14, 2022. Germany gears up the Enhanced Forward Presence Battle Group in Lithuania at the NATO eastern front. (AP Photo/Martin Meissner)

La guerra che ha sconvolto l’Ucraina ha rappresentato uno shock per l’industria della difesa, che si è trovata a gestire una situazione nuova e sostanzialmente imprevista. Per molti anni, i governi – e conseguentemente le aziende – si sono tarati su scenari asimmetrici o di guerre altamente tecnologiche. La realtà della guerra russo-ucraina – fatta di artiglieria, trincee nel fango, utilizzo di fanteria, blindati e carri armati, oltre naturalmente alla difesa missilistica – ha invece ricondotto tutto a una dimensione più tradizionale.

Questa “novità” ha colto impreparato sia il continente europeo sia gli Stati Uniti, che nel supporto militare a Kiev hanno dovuto confrontarsi con richieste ben diverse da quelle programmate. Un esempio evidente di questo approccio è il tema delle munizioni. Da tempo l’Ucraina chiede che le munizioni fornite dagli alleati europei siano aumentate. Ma l’Europa, fino a questo momento, aveva sottovalutato il problema, sia per quanto riguarda le quantità prodotte, sia per le tipologie. Ora che la guerra ha rovesciato le strategie industriali, l’Unione europea e la Nato sono state così costrette a cambiare marcia. In una strada che però non sembra affatto in discesa.

L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, presentando il documento per la sicurezza economica europea ha ammesso che “per soddisfare la richiesta di munizioni che servono all’Ucraina abbiamo una carenza di materie critiche necessarie alla produzione”, confermando il rischio di essere dipendenti da potenze esterne su un tema così basilare come la sicurezza. Pochi giorni prima, a parlare di questo problema era stato il commissario europeo per il Mercato interno e i servizi, Thierry Breton, che a “Le Parisien” aveva sottolineato l’approvazione del pacchetto da cinquecento milioni di euro per le munizioni a Kiev ricordando come per la prima volta l’Ue si sia dovuta coordinare “per fabbricare insieme armamenti e munizioni”. “La difesa europea sta avanzando ad alta velocità” ha annunciato Breton.

Ma il problema ora non riguarda più solo l’Ue, ma anche la Nato, ed è una questione che dice molto sul difficile equilibrio tra autonomia strategica europea e l’idea di difesa transatlantica anche in campo industriale sottolineata invece più volte dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Il leader dell’Alleanza ha detto di aspettarsi molti più impegni sul fronte degli aiuti a Kiev. E nei recenti incontri in ambito Nato o bilaterali, il segretario generale ha indicato due obiettivi. Il primo, quello di un maggiore investimento nella difesa con la previsione che la soglia del 2 per cento del Pil non sia più ritenuta il punto di arrivo ma la base minima per il futuro. Il secondo punto, invece, è un piano per standardizzare le munizioni e sostenere un’industria della difesa che sia transatlantica. Idee su cui non a caso ha trovato la sponda del segretario Usa alla Difesa, Lloyd Austin, che ha rilanciato il tema dei contratti congiunti e delle munizioni standard per tutto il blocco.