Negli anni ‘80, quando ero una tennista e andavo in giro per i vari tornei con i miei compagni di circolo, la frase ricorrente che dicevamo a chi entrava in campo per un match era: “mi raccomando, una palla di qua, una palla di lá, non sarà mica Borg!”.
Björn Borg, è stato una leggenda del tennis, un grandissimo campione che ha cambiato il mondo del tennis. Grazie a lui, al suo rovescio a due mani e quel martellamento da fondo campo, il tennis è profondamente cambiato: è cambiato l’insegnamento della tecnica, la tattica, e poi sono cambiati i materiali che compongono le racchette ( lo svedese aveva una clava al posto della racchetta). Il tennis moderno è figlio di quei cambiamenti.
Perché per parlare di Jannik Sinner ho fatto tutta questa premessa? Perché il nostro meraviglioso campione mi ricorda Borg, ed oggi potremmo ragionevolmente consigliare ad un tennista che entra in campo: “mi raccomando, una palla di qua, una palla di lá, non sarà mica Sinner!”. È il riconoscimento che Sinner è diventato un modello, un campione supremo, grazie alle sue qualità anche e soprattutto mentali, alla grande tenuta psicologica, che nel tennis conta tanto quanto la preparazione atletica.
Il campo da tennis è come una arena, dove si scontrano due gladiatori, dove, fortunatamente, la posta in gioco è “solo” la conquista del territorio altrui: i miei colpi arrivano dove tu non puoi arrivare, oppure servono per farti sbagliare. È una idea che potrà far sorridere, ma per me è stata sempre questa. Dopo ieri, anche un italiano è entrato nell’Olimpo di Wimbledon, il luogo simbolo della sacralità del tennis. E ci è entrato grazie alle sue grandi qualità, alla sua tenacia, alla sua serietà, al suo rigore, alla capacità di rialzarsi e, alla voglia di vincere. E i tantissimi che come me lo amano, lo amano esattamente per questo, perché è un modello positivo di atleta, sa essere dolce, spiritoso, amichevole con avversari e compagni, ma non perde mai la barra, è centrato.
Ma l’Italia è anche un paese di “invidiosi e non di ambiziosi”, e Sinner irrita, da fastidio. Anche giornalisti famosi che si esaltano per delle mediocrità, partono con lo gnè gnè e con lo “Schadenfreude“, gioiscono delle disgrazie altrui. Da quando seguo Sinner e i suoi successi (è numero 1 del mondo!) leggo tante di quelle cattiverie nei suoi confronti, e mi interrogo sempre sul perché tanti italiani non sono capaci di gioire dei successi altrui, neanche nello sport!
Nel paese dove vivo un campione o una squadra vincente si ama e basta, ci si immedesima, si vorrebbe essere come lei, come lui, come quella squadra. Ecco, forse alla italica mediocrità Sinner sembra troppo, sembra inarrivabile, per questo infastidisce, come disturba chiunque abbia successo. Lo dico col cuore in mano: bisogna guarire da questa malattia che non fa bene al nostro paese in generale, e Sinner che cade, si rialza e vince, potrebbe dare una mano a noi tutti, e alle giovani generazioni che vengono esaltate dalla stampa perché si rifiutano di sostenere gli esami di maturità.
