Il Documento programmatico di bilancio 2025 conferma una manovra da circa 18 miliardi l’anno, con risorse concentrate su fisco, famiglie, pensioni, imprese e sanità. L’obiettivo dichiarato è sostenere la crescita, tutelare il potere d’acquisto e rafforzare la competitività, mantenendo al tempo stesso la sostenibilità della finanza pubblica. Ma a ben vedere, il vero nodo resta l’equilibrio tra vincoli europei e aspettative politiche: una tensione costante tra prudenza contabile e attivismo redistributivo.
Fisco: taglio IRPEF e incentivi alla compliance
La riduzione dell’IRPEF, con il passaggio dell’aliquota intermedia dal 35% al 33%, è il fulcro dell’intervento fiscale. Vale circa 9 miliardi nel triennio e punta a lasciare più risorse nette in tasca ai lavoratori dipendenti. È una scelta coerente con un’impostazione liberale: premiare il lavoro e sostenere la domanda interna. Ma senza una vera riforma del sistema, il rischio è di moltiplicare le micro-correzioni e rinviare ancora una revisione strutturale dell’imposizione. Apprezzabile l’impegno sul fronte della “pacificazione fiscale”: semplificazioni, definizioni agevolate, strumenti deflattivi del contenzioso. Una direzione giusta, ma che va accompagnata da una strategia di medio termine per ridurre l’instabilità normativa che penalizza la certezza del diritto.
Imprese: incentivi mirati ma temporanei
Sul versante produttivo, la manovra estende e rafforza strumenti già noti: maggiorazione degli ammortamenti per investimenti, proroga della Nuova Sabatini, conferma dei crediti d’imposta per le ZES e le ZLS. Tutti strumenti che spingono nella direzione giusta, ma restano legati a logiche di rinnovo annuale o triennale. L’incertezza programmatoria resta un limite: le imprese investono se il quadro fiscale è stabile e prevedibile, non se cambia a ogni legge di bilancio. La sospensione di plastic e sugar tax è una mossa politicamente comprensibile, ma economicamente discutibile: rimanda una riflessione seria sull’uso selettivo della leva fiscale in chiave ambientale.
Famiglie e welfare: più fondi, ma l’ISEE va ripensato davvero
Per le famiglie, la manovra mette sul tavolo 3,5 miliardi, soprattutto attraverso la revisione dell’ISEE. Il tentativo è di renderlo più equo, correggendo alcune distorsioni legate alla prima casa e alla composizione del nucleo. Ma senza una riforma più profonda, l’ISEE rischia di rimanere uno strumento opaco e facilmente manipolabile. Bene, in ogni caso, l’intenzione di sostenere i nuclei numerosi e i redditi medio-bassi: è un’urgenza sociale ed economica.
Sanità: risorse in crescita, ma servono anche riforme
Il fondo sanitario nazionale crescerà fino a sfiorare i 7 miliardi nel 2028, con uno stanziamento aggiuntivo di 2,4 miliardi nel 2026. È una risposta necessaria dopo anni di sottofinanziamento e in un contesto di domanda crescente. Ma senza una riforma del modello organizzativo e una gestione più efficiente delle risorse, l’iniezione di fondi rischia di tradursi in poco più di una compensazione inflattiva.
Le coperture: più efficienza, meno spesa, nessuna tassa nuova
La manovra non prevede nuove tasse generalizzate, ma chiede un contributo al settore finanziario e punta su tagli selettivi alla spesa. Anche qui, un’impostazione compatibile con la responsabilità fiscale, ma fragile sul piano strutturale: senza una spending review vera, il rischio è che si rinunci a investimenti strategici per finanziare misure a elevato impatto elettorale ma basso rendimento economico.
Crescita moderata e prudenza nei conti: una scommessa sul 2025
Il quadro macroeconomico prevede una crescita dell’1,2% nel 2025, in lieve aumento rispetto al 2024. Il mercato del lavoro dovrebbe migliorare, con occupazione in aumento e disoccupazione in calo fino al 6,6%. Ma i margini restano stretti: il deficit sarà ancora sopra il 4%, il debito al 140% del PIL e la politica monetaria della BCE non tornerà espansiva a breve.
La manovra dell’equilibrismo
Quella del 2025 è una manovra “di galleggiamento”: cerca di dare segnali positivi a tutte le categorie — lavoratori, pensionati, imprese, famiglie — senza sforare i vincoli europei. Ma proprio per questo rischia di essere poco incisiva. In un Paese che cresce lentamente, con un’amministrazione pubblica ancora poco efficace e un’economia frammentata, servirebbero scelte più coraggiose. Più che distribuire risorse, serve ridefinire le priorità: un fisco semplice e neutro, una PA orientata al risultato, un welfare sostenibile, una politica industriale stabile. Senza questo, anche una manovra da 18 miliardi rischia di disperdersi in mille rivoli.
