Una reverenda a Canterbury e il primo atto pubblico che fa discutere: “Chiesa britannica a rischio”

Sarah Mullally, the new Archbishop of Canterbury, spiritual leader of the world's 85 million Anglicans, speaks inside Canterbury Cathedral in Canterbury, England, Friday, Oct. 3, 2025. (AP Photo/Alberto Pezzali) Associated Press/LaPresse

Apriti cielo. Questa volta è proprio il caso di dirlo: la storica cattedrale di Canterbury, uno dei simboli della cristianità planetaria, apre le porte a una mostra di street art “queer” e subito scoppiano le polemiche. Persino il vicepresidente americano JD Vance ha lanciato strali dal suo profilo X.

Il fatto

Se questo è il biglietto da visita della neo arcivescova, appena eletta a capo della Chiesa di Inghilterra, non resta che sedersi comodi e godersi lo spettacolo perché di certo altre sorprese non mancheranno. Ma andiamo per ordine. Un fatto epocale si è verificato in questi giorni oltre Manica: per la prima volta nella storia, una donna è salita al massimo scranno di Arcivescovo di Canterbury. Una novità assoluta che travalica persino i confini inglesi. Mai, infatti, era accaduto nel mondo che una religiosa fosse nominata a capo di una chiesa. E non di una congregazione “qualsiasi”, ma niente di meno della Chiesa Anglicana, una delle istituzioni più antiche e tradizionaliste del nostro continente.

Una reverenda a Canterbury

La reverenda Sarah Elizabeth Bowser Mullally, sposata e madre di due figli, 63 anni, ex infermiera, è il 106° arcivescovo di Canterbury. Succede a Justin Welby, che dopo undici anni si è dimesso il 6 gennaio per uno scandalo di abusi sessuali. All’ex prelate, benché non coinvolto direttamente, non è stata perdonata la condotta poco trasparente, e le polemiche esplose nel Paese lo hanno costretto al passo indietro. La nomina di Mullaly, decisa forse anche per segnare un netto cambio di passo rispetto al passato, è destinata a lasciare il segno. Sia per il suo valore simbolico sia per le implicazioni sul piano dottrinale e anche politico. Ma anche per le tensioni che porta con sé. La parte più tradizionalista degli anglicani, infatti, ha sempre digerito con fatica le sue dichiarazioni possibiliste – benché prudenti – in tema di aborto e le sue aperture al mondo Lgbt.

Riabbracciare la Chiesa di Roma

Profondo è il solco con quella parte di clero che si riconosce nella rete di realtà denominata “Traditional Anglican Communion”, che non da oggi contesta Canterbury per le aperture su morale, dottrina e donne prete. Vedere una donna salire al comando è una ferita che sta spingendo non pochi a riabbracciare la Chiesa di Roma, percepita ancora come un’ancora nel mare in tempesta di questa modernità confusa. E di certo scegliere come primo “atto pubblico” di ospitare la mostra dell’artista “vegan queer”, Alex Vellis, suona come uno schiaffo sui denti ai tradizionalisti e un manifesto piuttosto chiaro di quella che sarà la linea dottrinale e politica della neo arcivescova. Vedremo fino a che punto potrà spingersi senza mettere a rischio la tenuta della Chiesa britannica.

Il fronte del dialogo

Sul fronte del dialogo con le altre comunità religiose, va invece sottolineato come nel discorso di insediamento Mullally abbia per fortuna pronunciato ferme parole di condanna sull’attentato alla Sinagoga di Manchester ed espresso incondizionata vicinanza alla Comunità ebraica britannica. Un gesto per nulla scontato, dato il clima che si respira oltre Manica. La rinnovata vicinanza della Chiesa inglese segna un passo importante verso il dialogo e viene letta con evidente sollievo dalla Comunità ebraica.

Equilibri a rischio

L’arrivo della neo arcivescova sembra mettere a rischio equilibri già particolarmente delicati all’interno del mondo religioso. I grattacapi sul tavolo sono dunque molti e richiederanno una buona dose di equilibrismo per far fronte alle spinte centrifughe e superare più di un mal di pancia. Ma si sa che le chiese in questo sono maestre da sempre.