Ogni giorno che passa, il piano in 28 punti proposto per arrivare ad una “pace” in Ucraina sembra avere vita più breve. L’opposizione al piano, però, non arriva solamente da sinistra, ma anche dai repubblicani, in particolare coloro che nel corso degli anni si sono affermati come “aquile” in termini di politica estera.
Pensiamo a senatori come Lindsey Graham, lo storico leader repubblicano Mitch McConnell, ovvero figure presenti nel Partito repubblicano da ben prima di Donald Trump e che nel corso del tempo non hanno ceduto su quello che è sempre stato l’orientamento dei repubblicani al Congresso: forza, sostegno alla democrazia, repulsione ai dittatori. Questo orientamento è stato ribadito anche alla House da un membro importante (che nel 2026 non si ricandiderà) come Don Bacon del Nebraska. Secondo Bacon, infatti, l’accordo sarebbe volto a soddisfare quasi interamente le richieste di Mosca, e renderebbe l’Ucraina nient’altro che uno Stato vassallo incapace di poter proseguire autonomamente sulla strada della libertà. Inoltre, è importante mantenere al centro delle valutazioni una bussola morale ben orientata, in opposizione alla politica estera “basata sull’avidità”.
Oltre alle riflessioni di politica estera, è importante notare alcuni elementi. In primis, la maggior parte dei politici repubblicani che oggi critica l’Amministrazione Trump è in procinto di ritirarsi: McConnell; Bacon; il senatore della North Carolina Thom Tillis hanno tutti deciso di non cercare la rielezione nel 2026. Questo ci dice che il potere elettorale di Trump è ancora relativamente forte, soprattutto nel contesto delle primarie repubblicane. Ma il fronte degli oppositori si allarga non solo nel numero, ma anche sui temi. Pensiamo alla sanità, dove il Presidente stesso ha dovuto ammettere le difficoltà all’orizzonte; alla questione Epstein, cresciuta grazie a una coraggiosa fronda di pochi repubblicani, fino al voto unanime alla Camera e al Senato per il rilascio dei documenti (dove sono finiti?); senza dimenticare la questione venezuelana, dove diversi esponenti repubblicani stanno criticando l’Amministrazione Trump rispetto alle modalità di azione contro le navi che conterrebbero droga e trafficanti.
Nelle ultime ore si è tenuta un’elezione speciale in un seggio del Tennessee, considerato, almeno fino a prima di questa settimana, saldamente repubblicano. I risultati hanno ribaltato questa convinzione: i repubblicani hanno vinto, ma con uno scarto di soli 9 punti, una discrepanza bassissima (solo un anno fa lo scarto era stato di quasi 22 punti) rispetto a quanto sperato dalla leadership, che sta iniziando a preoccuparsi, viste anche le elezioni in Virginia e nel New Jersey. La domanda che comincia a sorgere è: cosa fare dopo Trump? Che direzione prenderà un Partito repubblicano che sembra iniziare a fare i conti con l’impopolarità del primo anno del secondo regno trumpiano?
