Putin e Trump si vedranno venerdì 15 agosto in Alaska. L’ufficialità di data e location dell’incontro la dà il presidente americano dopo una giornata, quella di venerdì 8 agosto, dove si sono susseguite indiscrezioni puntualmente smentite dopo poco.
Il presidente Trump è assediato dai giornalisti che gli chiedono dettagli sul summit con Putin che potrebbe avvenire addirittura lunedì prossimo. La data incerta è ancora, il luogo incerto benché le quotazioni degli Emirati siano le più alte anche se il Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni durante una conversazione con Trump ha offerto la disponibilità di Roma per il vertice. Trump ha spiegato di aver escluso l’Europa che del resto è stata completamente tagliata fuori dalla trattativa. In queste ore che precedono la definizione del luogo e del giorno dell’incontro, Trump parla molto con giornalisti che lo assediano ma cerca di cavarsela con molti “vediamo, vedremo, non lo so, speriamo”. E la domanda è sempre la stessa: “Lei ha idea di che cosa offrirà di nuovo Putin per la pace in Ucraina?” Trump non lo sa, dice, ma sembra che non esista ancora una agenda.
Da Mosca, intanto, non arrivano buoni segnali. Putin seguita a far sapere di volere tutto ciò che ha sempre voluto, ma con un tono molto conciliante. Quando gli chiedono se è davvero disposto a incontrare Zelensky finge di dire sì: “E’ una cosa che si può fare ma richiede condizioni che ancora mancano”. Tradotto, vuol dire no. E quando, dalla parte americana chiedono a Trump se la presenza di Zelensky è irrinunciabile, lui apre le braccia e dice cose prudenti e vaghe. Il fatto che i due presidenti non si sbilancino non è un buon segno perché l’inizio dei colloqui dovrebbe essere di per sé celebrato come un fattore quasi di festa, mentre invece sale il nervosismo nell’incertezza.
Putin, che ha chiesto l’incontro avrebbe interesse a ad annunciare qualcosa di nuovo, ma sembra che tutto ciò che viene offerto dalla Russia sia di bombardare un po’ meno i centri abitati. Dal punto di vista emotivo ciò che ha più influito sugli umori di Trump è la pressione di sua moglie Melania, la bella e lodata First lady che non nasconde il disgusto per Putin in cui vede il peggio della sua infanzia slava: Trump è diventato molto sensibile alle opinioni di Melania dopo che la First Lady ha incassato una specie una vera promozione internazionale per qualità opposte a quelle del marito: sobrietà, eleganza, portamento regale sguardo enigmatico. Le voci che si raccolgono da Mosca sono sempre confidenze ottenute a condizione dell’anonimato. E quella che è considerata la più realistica è questa: Putin ha fatto lavorare il suo staff e il ministro degli esteri Lavrov per imporre il colloquio a quattr’occhi con Trump, usando le maniere forti e parole di sfida come quelle dell’ex presidente Medvedev.
Lo scopo: provocare Trump e alimentare la tensione vincere sull’emotività del Presidente americano, il quale sentendosi vincitore avrebbe accettato un summit nutrito di nuove proposte, ma vaghe. L’obiettivo del Presidente russo è sempre lo stesso: incassare le quattro regioni che il Cremlino sostiene di aver annesso, ma che sono invece teatro di combattimenti. Putin pretenderebbe che Zelensky le consegnasse, sgombre di soldati ucraini con un atto di resa. Putin è convinto di poter cogliere Trump con la guardia abbassata ma per via emotiva, un po’ come Melania all’altro capo della corda. Trump è stato un acceso ammiratore di Putin con cui ha convenuto di voler “andare alla radici profonde del conflitto”. Tutto qua. Nulla sembra cambiato quanto alla pretesa che l’Ucraina si ridurre al rango di Stato vassallo con un esercito simbolico, ovviamene, niente Nato naturalmente e poi un nuovo governo amico a Kyiv, come quello bielorusso del fedele Lukashenko. Le voci di Mosca sono sempre le stesse senza la minima variazione.
Di qui la domanda iniziale che tutti i giornalisti fanno a Trump: “Presidente, c’è un impegno diverso di Putin nella guerra in Ucraina?”. Trump allarga le braccia e dice vediamo, speriamo, lo sapremo presto. Ma Tatiana Stanovaya “senior fellow” del Centro Eurasia al Carnegie Moscow, sostiene che Putin può essere disposto a discutere soltanto qualche dettaglio, fra cui un possibile scambio di territori, i 1.719 chilometri quadrati delle regioni di Kharkiv e Sumy che non fanno parte dei cosiddetti “territori annessi”. La Stanovaya ha concluso: “Putin non ha bisogno di un piano dettagliato, lui vive alla giornata, sa quel che vuole e come alla fine ottenerlo”. Sembra una ipotesi un po’ semplicistica, visto che Putin è rimasto talmente colpito dai dispiegamenti militari di Trump (i due sottomarini atomici e un vero corpo di spedizione di Polonia) da affrettarsi a dare segnali di appeasement ricevendo per tre ore l’emissario americano Steve Witkoff, supplicandolo di dare a Trump un segnale di luce verde per un cessate il fuoco, per poi dire pubblicamente alla Russia e in particolare ai militari, che non cambia e non cambierà (quasi) nulla.
