“Dobbiamo partire dall’educazione dei ragazzi, queste violenze sono un problema di cultura” è diventato il mantra di questa estate, alla lugubre luce della sequela di femminicidi, e violenze sessuali. È vero, c’è però un’altra faccia della medaglia. La difficoltà delle donne di individuare con anticipo le situazioni di pericolo per colpa della deprioritizzazione del proprio benessere. L’educazione alla mansuetudine parte dalla culla, e crea un terreno fertile per i violenti e i manipolatori.
Lo spazio personale per una donna è in genere molto più piccolo di quanto dovrebbe. Veniamo costantemente toccate senza consenso. Baci per salutare, uomini che ti toccano i capelli o che ti appoggiano le mani sulla vita mentre ti passano alle spalle, compagni di corso che ti tirano le trecce, colleghi che ti fanno un massaggio alle spalle. Che brava bambina, ci viene detto in infanzia quando stiamo composte ed in silenzio. Perché non mi fai un bel sorriso? Ci viene detto tutta la vita, perché l’espressione neutra di una donna deve essere sorridente, e quando siamo serie abbiamo la ‘resting bitch face’, la faccia da stronza a riposo. E dunque quando una donna è in pericolo, agisce d’istinto, fa quello che ha sempre fatto sperando che il problema passi, perché come ogni essere umano va in panico, e con un sorriso tirato, sta composta ed in silenzio, mai educata a reagire. Se fossimo state educate a dire ‘no’, e non alla cortesia, se fossimo state educate a ‘pretendere’ il consenso invece che ad essere sempre amorevoli, forse al secondo appuntamento col maschio violento riconosceremmo qualche ‘red flag’ in più, quei segnali di allarme che ci permetterebbero talvolta di sfuggire in tempo utile dal carnefice, prima che riesca a considerarci di sua proprietà.
Insieme alla riappropriazione dello spazio pubblico portata avanti simbolicamente da Non Una Di Meno con le Passeggiate Arrabbiate, è necessario riappropriarsi di un altro spazio: quello attorno ai nostri corpi.
