Non ruberesti mai un’auto. Non ruberesti mai una borsa. Non ruberesti mai un televisore. Non ruberesti mai un film. Non stupreresti mai una donna, aggiungo io. Quando sono sui social e scorro i commenti sotto un post sull’ennesimo episodio di violenza di genere, e la musica di questo noto spot antipirateria quella che sento. Si moltiplicano i commenti dei #NotAllMen, ovvero “non vale per tutti gli uomini”, che mai accusati, sentono il bisogno di difendersi. Oppure quelli che ‘pero lei avrebbe dovuto…’, che senza rendersene conto stanno descrivendo le condizioni per il quale sarebbe ragionevole stuprare.
È difficile spiegare il fenomeno, ma e necessario soffermarsi a riflettere sul ruolo di tutti in questo dialogo tra sordi. Il femminismo non è ancora per tutti. Siamo stanche, arrabbiate, ci sembra che non ci sia tempo per dialogare con pacatezza. Le nostre sono le uniche a cadere in battaglia. Ma prendere una pausa per instaurare un dialogo misurato con chi almeno ha la capacita di ascoltare, e necessario. Dall’altro lato troviamo gli uomini alla difesa della categoria, che viene prima di tutto, prima del buonsenso, prima dell’empatia, prima del pudore. Un istinto primordiale, molti dicono, che pero sarebbe necessario imbrigliare, come e stato fatto con molti altri per costruire una società civile. Non è mai stata una questione di donne contro uomini, chi lo dice non conosce ancora l’alfabeto del femminismo, e inutile discutere con loro di grammatica.
Si tratta piuttosto di buoni, quelli che non stuprerebbero mai una donna, contro cattivi, gli unici che dovrebbero far discutere nella sezione commenti. Il femminismo è prima di tutto inclusione, una soluzione è possibile solo insieme. Nel mulino che vorrei i good guys reagiscono come persone, e si ricordano, solo alla fine, quasi per sbaglio “Ah giusto ma io sono un uomo”. Un mondo in cui la porta dei bagni pubblici e una sola, e gli orinatoi hanno le foto dei perpetratori di violenza di genere.
