Washington, quella foto diventata immagine plastica della realtà. von der Leyen ai margini, la voce dell’UE è flebile

European Commission President Ursula von der Leyen, from left, British Prime Minister Keir Starmer, Finland's President Alexander Stubb, Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy, President Donald Trump, France's President Emmanuel Macron, Italy's Prime Minister Giorgia Meloni, Germany's Chancellor Friedrich Merz and NATO Secretary General Mark Rutte pose for a group photo in the Grand Foyer of the White House, Monday, Aug. 18, 2025, in Washington. (AP Photo/Alex Brandon)

Quando una fotografia di rito diventa l’immagine plastica della realtà. È stato così a Washington, alla fine del summit sulla guerra in Ucraina. Il padrone di casa, il presidente Trump al centro, alla sua sinistra la premier italiana Giorgia Meloni insieme a Emmanuel Macron. A seguire il tedesco Merz e il segretario di Stato Rubio, in fondo alla fila. Stesso copione sull’altro lato con Ursula von der Leyen che finisce all’ultimo banco, quasi in disparte, nella posizione del “mi si vede-ma non mi si vede”.

Il cauto entusiasmo per il vertice è corretto, un passo avanti è stato fatto. Lo attestano persino la diplomazia vaticana e le speranzose parole di Papa Leone, che ammonisce però sul tanto che ancora resta da fare. L’Italia ne esce protagonista, sia perché le proposte di Meloni hanno, in un certo senso, guidato l’agenda dei colloqui, sia per le parole di elogio di Trump che ancora una volta non ha esitato a sottolineare come la presidente del consiglio italiana sia più di un fedele alleato. “Una grande leader” l’ha definita, e per quanto le dichiarazioni trumpiane abbiano il valore talvolta effimero che hanno, in questo caso sembrano, se non una “promozione”, attestata anche dalla vicinanza immortalata dal fotografo, perlomeno un importante riconoscimento del ruolo svolto dal nostro paese. Se ne facciano una ragione le opposizioni di casa nostra, concentrate su sterili polemiche in assenza di politica.

Essere fieri dei risultati ottenuti sui tavoli che contano è buon senso, non sovranismo. Ma è evidente che la sbornia tafazzista persiste anche sotto la calura estiva. Ciò che però colpisce, al netto dei frettolosi entusiasmi degli euro-supporter che si sono gettati in un pronto entusiasmo per il “ritorno dell’Europa” sulla scena internazionale, è proprio ciò che la Photo-opportunity testimonia, ossia le nazioni europee, quelle si, a circondare l’esuberante presidente alla ricerca affannosa del Nobel, e la presidente della Commissione che sembra l’imbucata alla festa con l’aria di un’amica per caso.

La voce comune europea, al di là delle consuete quasi incomprensibili e inascoltate dichiarazioni prevertice della presidente, ancora non giunge. Confuso è anche il quadro delle posizioni dei singoli Stati che è più o meno quello di sempre. Chi per l’invio di militari subito e chi no, chi per le sanzioni a Mosca, sulla linea della Commissione e chi no. L’unica proposta di senso, guarda caso, è arrivata dall’Italia e su questa sembra che si proceda. Zelensky intanto sembra più sollevato e fiducioso rispetto ai vertici passati. La cintura di sicurezza dei “volenterosi” stavolta sembra aver sortito un maggiore effetto rispetto al passato. Ancora però le armi non tacciono e le promesse di Putin le conosciamo: valgono quel che valgono. Ma l’atmosfera sembra positiva. Avanti Europa, dunque, però si avvisi anche Bruxelles che il tempo passa e, come dice il Papa, c’è ancora molto da fare. L’orologio della Storia non attende e non basta una foto a renderci immortali.