La guerra deve finire. Questo è stato l’indirizzo di tutti. Lo ha chiarito il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che si è augurato “una pace duratura, spero immediatamente”. Lo ha confermato il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, che ha anche aperto alle elezioni non appena vi saranno le condizioni di sicurezza. E lo hanno ribadito tutti i leader europei accorsi a Washington. “Abbiamo avuto buone discussioni e credo che siano stati fatti progressi sostanziali”, ha detto The Donald prima del vertice nello Studio Ovale con i delegati ucraini.
Ma tra i ringraziamenti di rito, la speranza di pace e l’auspicio di un incontro a tre con Vladimir Putin, tutto dipende dalle prossime mosse del Cremlino e da quanto Trump sarà disposto a forzare la mano con lo “zar” e con il presidente ucraino. Il vertice di ieri è stato preceduto dai bombardamenti russi e dal suono delle sirene antiaeree in diverse zone dell’Ucraina. E questo è stato un indizio su come Putin non abbia voluto mostrare alcun interesse a fermare i suoi attacchi, mentre a Washington si delineava (in parte) il destino di Kyiv. “Un attacco dimostrativo e cinico” sull’Ucraina, ha detto Zelensky. Ma se il segnale di Mosca è stato chiaro, allo stesso tempo il cinismo di Putin non ha fermato la macchina della diplomazia.
Con i leader europei invitati a Washington, Zelensky e anche Trump hanno di nuovo mostrato unità di intenti, segno di un Occidente che ha cercato di confermare una certa compattezza nonostante il canale diretto tra Casa Bianca e Cremlino. E se i leader europei hanno confermato di essere disposti a fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina (ispirate all’articolo 5 della Nato, ha detto la premier Giorgia Meloni), così come è stato ribadito il sostegno Usa all’Europa “prima linea di difesa”, tutto passa inevitabilmente tra le mani e le mosse di The Donald, che già prima dell’incontro aveva mostrato quale fosse la sua idea sul conflitto. “So esattamente cosa sto facendo e non ho bisogno dei consigli di persone che hanno lavorato su tutti questi conflitti per anni e non sono mai state in grado di fare nulla per fermarli”, aveva tuonato il presidente Usa sul social Truth.
Ma il pericolo, per Zelensky e per i leader europei, è che il faccia a faccia con Putin abbia rafforzato le posizioni del presidente Usa più vicine a Mosca. Poco prima del vertice, il tycoon aveva scritto che Zelensky “può porre fine alla guerra” con la Russia “quasi immediatamente”. E la soluzione, per Trump, era rappresentata dalla rinuncia definitiva alla Crimea e dalla fine di ogni sogno di adesione di Kyiv all’Alleanza atlantica. In mattinata, si era anche sparsa la voce che la Casa Bianca avesse indagato sull’abito con cui sarebbe presentato all’incontro, se in giacca e cravatta o meno, ricordando il famoso litigio nello Studio Ovale e ricordando anche la tensione che aleggia sempre tra i due leader. Il punto però è capire quale sia l’equilibrio tra un accordo e la resa. E questo, per Zelensky e i leader europei, è un elemento essenziale. Putin non ha mai ceduto sulle sue richieste.
L’interesse del Cremlino, in questa fase, non è quello di un cessate il fuoco come precondizione per un successivo accordo, ma un’intesa definitiva senza passaggi intermedi. E questo è stato sostenuto anche ieri sera dallo stesso tycoon. Il presidente russo sostiene ancora che i territori occupati passino definitivamente a Mosca e l’idea di una Kyiv demilitarizzata, “denazificata” (come dice lui) e neutrale per sempre. Un percorso che però contrasta sia con le linee rosse di Zelensky, che ha già detto di valutare il congelamento della linea del fronte ma non la cessione del Donbass, sia con quelle europee, visto che Londra e Bruxelles hanno messo in chiaro che i confini internazionali non possono essere modificati con l’uso della forza. Dall’altra parte, Mosca ha ribadito di rifiutare “qualsiasi scenario che preveda il dispiegamento di truppe dei Paesi Nato in Ucraina”.
