Antimafia nazionale e caos nomine, il Consiglio di Stato dà ragione a Itri

Il Consiglio di Stato ha condannato il Consiglio superiore della magistratura accogliendo il ricorso sulla mancata nomina del pm napoletano Paolo Itri, al quale era stato preferito un altro pm napoletano, Cesare Sirignano, poi coinvolto nelle chat del caso Palamara e trasferito dall’Antimafia nazionale alla Procura di Napoli nord. La decisione della giustizia amministrativa arriva a seguito del ricorso presentato dallo stesso Itri, un ricorso mirato a dipanare i dubbi relativi a nomine e correnti che lo scandalo Palamara aveva inevitabilmente fatto sorgere.

Tutto comincia nel 2015 quando sia Itri che Sirignano, entrambi all’epoca sostituti procuratori del pool Antimafia di Napoli, concorrono per il posto di sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia. La Commissione del Csm sceglie Sirignano, assegnando a questi 14 punti, a Itri 12,5. Uno scarto di punti nella valutazione relativa alle “attitudini specifiche”. In primo grado il Tar del Lazio giudica il ricorso di Itri inammissibile perché sostiene, in sintesi, che manchi la cosiddetta “prova di resistenza”. Non si è fornita, cioè, la prova che quello scarto di 1,5 punti sarebbe stato determinante ai fini della nomina di Itri nell’Antimafia nazionale. Il pm Itri impugna la decisione del Tar ritenendo invece che proprio l’attribuzione di quei punti avrebbe colmato il divario risultante nella graduatoria finale tra lui e Sirignano e che proprio la valutazione dei curriculum è in grado di incidere sulla graduatoria.

«Il motivo è fondato», stabilisce il Consiglio di Stato accogliendo questa volta il ricorso ed esonerando Itri dall’obbligo della prova di resistenza, che invece aveva richiesto il Tar: «La tesi del mancato superamento della prova di resistenza appare per contro tale da comportare l’astratta inammissibilità di ogni impugnazione nei provvedimenti di assegnazione di incarichi e uffici di magistratura, posto che – sostengono i giudici nella sentenza – l’adozione di questi spetta per Costituzione al Consiglio Superiore». Assistito dall’avvocato Antonio Sasso, il pm Itri lamentava due pesi e due misure nella ricostruzione delle carriere dei candidati: un generico riferimento a procedimenti di criminalità organizzata nel caso di Itri, e un dettagliato elenco di inchieste, processi e collaboratori di giustizia nel caso di Sirignano.

Il Consiglio di Stato ha quindi bacchettato il Csm ritenendo che, pur avendo il Consiglio Superiore discrezionalità nella valutazione dei candidati, vadano comunque rispettati principi minimi di sufficienza motivazionale. Nel caso di Itri questa sufficienza non c’è stata. Il Consiglio di Stato ha quindi condannato il Csm per «inadeguatezza motivazionale e incoerenza con la documentazione agli atti», stabilendo che «in esecuzione e in conformità della presente sentenza l’affare dovrà essere riesaminato dal Consiglio superiore della magistratura al fine di emendare i vizi del giudicio comparativo». Si rimescolano le carte, dunque, sulle nomine in seno alla Direzione nazionale antimafia.