Aziende e disastri, ma come si fa a trovare le colpe?

Le indagini sul deragliamento del Frecciarossa 1000, avvenuto nei pressi di Lodi, hanno messo in luce che un fattore rilevante nella causazione del sinistro sarebbe stato un difetto interno all’attuatore dello scambio. Si tratterebbe, in particolare, di una inversione dei cablaggi interni al dispositivo. L’attuatore è un componente dello scambio prodotto da un’impresa diversa dalla Rfi, che gestisce la rete ferroviaria.

Si pone, allora, la questione di stabilire a chi vada attribuita la responsabilità penale. Al personale di Rfi che non ha verificato, prima dell’utilizzo, il corretto funzionamento dell’attuatore? E nel suo ambito a chi? Al consiglio di amministrazione, all’amministratore delegato, al direttore generale, al responsabile del tratto in cui è avvenuto il sinistro, al capo ufficio acquisti, al responsabile della manutenzione, al capo della squadra che ha operato l’intervento, a tutti i componenti di tale squadra? O la responsabilità è del personale dell’impresa, che ha prodotto e fornito il pezzo difettoso? Ed in questo caso di chi? Del consiglio di amministrazione, dell’amministratore delegato, del direttore generale, di chi ha progettato la linea di produzione, di chi vigila sulla linea di produzione, di chi si occupa del controllo qualità, di chi ha materialmente realizzato la parte di cablaggio difettosa?

Si tratta di interrogativi a cui è difficile dare una risposta definitiva e appagante. Le tecniche di produzione industriale, fondate su una organizzazione aziendale che dà la massima valorizzazione alla divisione del lavoro, hanno portato a un sistema, nel quale, da un lato, i vertici sono così lontani dal concreto momento produttivo, che affermare la loro responsabilità equivale, molto spesso, ad affermare una mera responsabilità da posizione. Dall’altro, i gradini più bassi della gerarchia produttiva sono confinati ad una attività così parcellizzata da rendere impossibile ricostruire una complessiva consapevolezza idonea a una affermazione di responsabilità.

Si tratta di vicende nelle quali i postulati stessi della responsabilità penale individuale finiscono con l’apparire inadeguati. E, infatti, molto spesso in vicende del genere l’affermazione di responsabilità penale è il frutto di palesi forzature, volte a dare comunque una risposta alla richiesta di giustizia. Sarebbe, allora, forse più opportuno ampliare, in casi come questi, la responsabilità degli enti sotto un duplice profilo. In primo luogo, oggi le vittime non possono costituirsi parte civile contro l’ente, il cui obbligo di risarcire il danno in sede penale, quale responsabile civile, è condizionato al fatto che sia affermata la responsabilità di un suo organo o di un suo dipendente. Si tratta di un limite irrazionale, che finisce con il costituire un improprio elemento di pressione affinché sia affermata comunque la responsabilità penale di qualcuno.

In secondo luogo, di fronte a vicende di tale gravità, dovrebbe essere previsto un incremento della sanzione patrimoniale a carico dell’ente, per il caso in cui non si possa individuare una specifica responsabilità individuale, tale da “lasciare il segno”.