BLOG

Diamo a Tony Effe e alla trap il giusto peso

Avvocato, Giornalista Pubblicista e Presidente "Consiglio per la Parità di Genere"
Diamo a Tony Effe e alla trap il giusto peso

Forse i più non se ne ricorderanno ma già la musica rock dagli anni ’50, ma soprattutto il metal del ‘70 e ’80, era chiamata “musica del Diavolo” perché si temeva che in qualche modo corrompesse i giovani portandoli sulla cattiva strada. Le band di allora cavalcavano l’onda imbrattandosi la faccia e sovrascrivendo sui simboli cristiani (croci, teschi, …) per accentuarne il phatos, il look e, in buona sostanza, vendere più dischi.

Da allora la musica si è evoluta (e non per scatti e né a senso unico) e così, esaurito il filone dark, si è fatta più gentile e ritmata con la discomusic e la musica pop degli anni ’90. Mariah Carey, Celin Dion, per non parlare di Madonna che, capita la dinamica della provocazione per scalare le vendite (a partire dal suo nome d’arte), non felice di esaltare testi e look poco verginali ne affiancò documentari dove si esibiva in chiare simulazioni sessuali e croce al collo ovviamente. Un connubio di “santa e puttana” che certo l’aiutò a distinguersi in mezzo a tante ugole spesso più dotate della sua.

Gli anni contemporanei non fanno eccezione a queste regole elementari dettate dal business musicale e i più ancora si ricorderanno i dissing di Eminem, vestito con i pantaloni larghi e una cuffietta in testa, contro altri rapper americani, gli ammiccamenti omoseduttivi tra Mahmood e Blanco sul palco dell’Ariston o ancora i Maneskin: voce graffiante, testi sfrontati e guepiere su cosce nude.

A quanto pare non da oggi ma da decenni la musica è (anche) show e lo show è finzione, marketing, un additivo usato talvolta ad esaltare pirotecniche canzoni, altre per mettere sapore a pezzi brutti, sciatti, insignificanti che sennò nessuno ascolterebbe.

Tony Effe (questo giovanotto al centro di tante polemiche per la censura subita dall’Amministrazione romana), esasperando il suo machismo contro le donne, non mi pare stia facendo niente di inedito. Usa il sesso, la volgarità e l’arroganza per vendere.

Vorrei dire che il genere trap, di cui Effe pare esserne oggi un portabandiera, non mi piace ma me ne guardo per non ripetere il clichè di mio padre che, molti anni fa, giudicava me che preferivo Jovanotti a Battisti.

Dunque non mi interessa soffermarmi oltremodo su questa sponda musicale (estemporanea) che personalmente non ritengo neppure aizzatrice di violenza di genere ma semplicemente sgradevole, grottesca, tutt’al più iperbolica, tra l’altro ripetitiva più di sbotti parlati che di melodie (cosa che, pure questa, mi sorprende poco ritenendola una deriva spinta della musica rap degli anni ’90 e 2000).

Credo che sia più importante invece che sia offerto ai giovani, che tutti diamo erroneamente per inebetiti, le tante opzioni musicali esistenti (e passate) perché conoscano la grandezza del panorama sonoro e possano davvero scegliere la loro identità musicale (che negli anni evolverà una, cento, mille volte).

Lo stesso Tony Effe è diventato popolare mica con le rime volgari che infila in canzoncine ai più sconosciute, ma con il motivetto “sesso e samba” che, ritmato da un ritornello orecchiabile, ha fatto ballare tutta l’estate.

E se quanto fin qui detto non basta a placare il disappunto che si è mosso di recente intorno alla trap, si sappia che non ho mai (e dico mai) visto nessuno preferire Tony Effe ai Queen. Nè per musica, nè per testi.

Dunque, l’antidoto per la bellezza non è la censura. Ma la bellezza stessa.

RIFOCAST - Il podcast de Il Riformista

SCOPRI TUTTI GLI AUTORI