Va bene che il Natale ci coglie tutti un po’ così, esauriti e variamente angosciati per questo tempo affaticato che non riesce a contenere nemmeno un pezzetto di futuro. E va bene anche che da mesi coltiviamo – ciascuno secondo necessità – una bella riserva di cinismo, pronto per tutte le occasioni ad alto tasso di emotività, perfetto per le feste, dunque. Ma mai mi sarei aspettata di andare a messa – per dare l’estremo alla mamma della mia cara amica – e di imbattermi in un don Cosimo che non si sdilinquisce in teoriche promesse di paradisi utraterreni o in ricette preconfezionate per salvare l’anima ma fa un discorso pieno di senso e di domande intelligenti, e parco di risposte ma ben congegnate e complesse.
E allora – mentre don Cosimo parla – io penso a quanto sbagliamo quando le cerchiamo (domande e risposte) nei posti sbagliati. Il che non significa che la chiesa sia un posto necessariamente “giusto”.
Quello che voglio dire è che c’è un don Cosimo pronto ad alzare il tiro, quando meno ce lo aspettiamo (e più ne abbiamo bisogno).
Per esempio, durante l’omelia, invece di citare la prima Lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi, don Cosimo ci ha parlato del “Trattato di funambolismo” scritto da Philippe Petit – artista e giocoliere francese – la cui impresa più celebre fu la traversata delle Twin Towers del World Trade Center nell’anno domini 1974: “Uomo dell’aria, tu colora col sangue le ore sontuose del tuo passaggio fra noi. I limiti esistono soltanto nell’anima di chi è a corto di sogni”.
Ditemi, ora, se esiste – in un momento doloroso come quello della morte di una persona cara – citazione non solo più bella ma, soprattutto, più vicina alla nostra umanità funambolica e squilibrata. Così, mi sono guardata intorno: l’attenzione per lui e le sue parole era massima, nonostante le mascherine, le lacrime e le idiosincrasie del momento.
Mi sono immaginata la nostra anima in ginocchio, piegata dal dolore della perdita e della malattia, dalla fatica di andare avanti, dal peso della solitudine e dell’angoscia. E ho pensato che, forse, l’unico rimedio a gran parte di queste ferite, l’unico appiglio per rialzarsi e andare avanti, è concepire un tempo che non sia solo quello presente. Il futuro.
Progettare, un cambiamento, programmare un viaggio, sognare un orizzonte diverso da quello attuale sembrano essere diventati lussi che non possiamo più permetterci. Perché ci siamo di fatto impoveriti e non abbiamo le risorse materiali neanche per immaginare un futuro diverso: l’incidenza dei “nuovi poveri” è passata dal 31% al 45% con quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas per la prima volta*. Oppure per la reale impossibilità di sapere, oggi, quando finalmente potremo tornare a muoverci liberamente per il mondo, senza rischi per noi e per il prossimo: eppure – come scrive Maria Shollenbarger su Travel + Leisure*, uno dei magazine di viaggi più importanti del mondo – questo “è il momento di tuffarsi in quel dolce passaggio della pianificazione e del sogno”. Tutto quello che bisogna fare, per l’autrice (che sceglie il nostro Paese come destinazione per il 2021), è chiudere gli occhi per ritrovarci lì dove sognamo di andare.
Fidatevi: siamo devastati – alcuni tra noi più di altri – perché non abbiamo mai provato tutta questa incertezza del domani, la paura (di ammalarsi, di morire, di contagiare i propri cari, di non arrivare alla fine del mese, di fallire, in definitiva) ha soffocato prima la speranza, poi il desiderio, infine il sogno.
Possiamo riprenderceli, però. Per farlo, dobbiamo specializzarci – come fece Petit – in un’arte che prima non esisteva – il funambolismo – senza maneggiare palle di gomma, birilli di legno e torce infuocate. Armati “solo” di buona volontà, coraggio e di un po’ di fantasia.
Torneremo a camminare, a uscire, a progettare.
Sarà come muoversi su un cavo a grande altezza.
Un fatto straordinario.
* https://alleyoop.ilsole24ore.com/2020/12/25/natale-rimasto-indietro/?uuid=106_fiVNnYRe
* https://www.travelandleisure.com/trip-ideas/italy-destination-of-the-year-2021
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