Sono giorni di forte inquietudine per le associazioni che si occupano di Disturbi del comportamento alimentare (DCA). Ad accendere il dibattito, il mancato rinnovo, nell’ultima legge di bilancio, del fondo per il contrasto ai Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione istituito nel 2021 e che riguardava uno stanziamento di 25 milioni di euro per il biennio 2022-24 da spendere entro il 31 ottobre. A spegnerlo, o quantomeno affievolirlo, l’annuncio del ministro della Salute Orazio Schillaci di un rifinanziamento di 10 milioni di euro, con un emendamento al Decreto Milleproroghe. Intanto, in Commissione Sanità al Senato è iniziato l’esame del disegno di legge che prevede sanzioni penali per chiunque “determina o rafforza l’altrui proposito di ricorrere a pratiche idonee a procurare l’anoressia o la bulimia”. Ma non serve punire, occorre educare. Per prevenire e curare.
Togliamoci dalla testa il pensiero che certi partiti abbiano a cuore la tutela della salute dei cittadini e altri no. La verità è che la maggioranza degli italiani tutti non sa nemmeno cosa significhi DCA. E se non vede il problema, figuriamoci se ne immagina la soluzione. Eppure toccano i 3 milioni i pazienti affetti da DCA nel nostro Paese, con un aumento del + 3% post pandemia. Ben 4 mila sono i morti nel 2023, perlopiù giovani, per i quali i disturbi alimentari rappresentano la seconda causa di decesso dopo gli incidenti stradali. Mentre i posti per i ricoveri sono sempre gli stessi. Per questo, è fondamentale non diminuiscano.
Il 19 gennaio il Movimento Lilla scende in piazza in ben 30 città d’Italia perché di disturbi alimentari si muore oggi più di ieri e, se non cambiamo rotta, si morirà domani più di oggi. Non è una giornata per protestare contro, ma per manifestare affinché curarsi sia un diritto e non un privilegio. La priorità resta scorporare i DAN dalle malattie psichiatriche nei L.E.A., e assegnar loro un budget a se stante per obbligare ogni regione a dotarsi di livelli essenziali di assistenza per queste malattie, la cui cura merita un percorso terapeutico mirato. Con centri specializzati e personale qualificato. Con azioni organiche e coordinate sul territorio nazionale e una progettualità a lungo termine.
Per esempio, aprendo sportelli di ascolto nelle città. Integrando nei percorsi accademici ore di educazione alimentare allo scopo di favorire lo sviluppo di un’idea sana e consapevole sul rapporto con il corpo e con il cibo sin dai banchi di scuola. Attivando una rete integrata di sostegno per le famiglie, gli insegnanti, gli allenatori sportivi. Lanciando iniziative di sensibilizzazione all’interno delle imprese, per promuovere una comunicazione aziendale inclusiva. Lavorando per combattere lo stigma sociale che gravita intorno al tema. Cambiando cultura e mentalità.
Il Lilla non è un colore ma un sentimento.
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